UGO NICOLINI garanzia sarebbe sempre ben monca cd insufficiente qualora quella legge, che costituisce l'usbergo dagli arbitrii e la garanzia dei diritti civili, fosse emanazione della volontà di un solo - cioè di un sovrano assoluto, sia esso pure intenzionalmente paterno e benevolo - e non uscisse dalla volontà di tutti i cittadini: il che fa presumere della sua corrispondenza alle vere esigenze della società, o, per lo meno, è titolo valido a che la legge si imponga e si faccia osservare da tutti. Il principio di legalità e quello democratico si congiungono e si completano dunque mirabilmente, costituendo il fondamento insostituibile di una ordinata società civile. 11principio di legalità può tuttavia restare una pura enunciazione teorica se mancano istituti ed organi atti a render concreta la sovranità della legge, stabilendo mezzi di controllo amministrativi e giudiziari su officiali e giudici, e sancendo una personale responsabilità di questi per ogni atto compiuto al di fuori o contro la legge. Infine - e questo è evidentemente ben più grave - il principio democratico, per sè solo, nella sua pura enunciazione, è manifestamente una cosa non vitale e non destinata a dare durevoli frutti: una pianta che ancor vegeta per qualche tempo, pur essendosene inaridite le radici. Dentro di noi - che vuol dire, in realtà, al di sopra di noi - vive una legge superiore, che costituisce il limite di validità e la pietra di paragone delb bontà delle leggi umane. Ora, le nostre leggi, democraticamente volute e rigidamente applicate sempre e per tutti, non garantiscono la difesa integrale dei veri diritti dell'uomo, nè il giusto limite della libertà - cioè dell'interferire delle sfere di azione dei singoli - se non sono ancorate al diritto naturale, che si riterrà razionale o rivelato a seconda delle convinzioni di ciascuno. Avulso dal diritto naturale, il principio democratico resta una cont1uista puramente formale, come constatarono, per loro triste esperienza, p:1esi che, pur essendo retti da gran tempo a democrazia, con un regime cioè, per dirla con il Montesquieu, basato essenzialmente sulla virtù, non 5cppero garantire i diritti naturali dell'uomo e della famiglia, e non vollero sancirne i doveri, così che caddero nella corruzione interna e crollarono al primo urto esterno. Ora, c'è un'epoca della storia italiana alla quale ci possiamo rifare per confortarci in questi nostri convincimenti e per trarre moniti ed auspici per il nostro tempo: quella <lellc libere democrazie comunali. Non sarà inutile pertanto riandare questo illustre passato, così pieno di suggestioni e di insegnamenti: studiare cioè la costituzione comunale, che va guardata naturalmente non nelb storia delle sing?le città, ma come schema tipico, indipendentemente dallo sviluppo che possano aver avuto, in determinati luoghi, i germi essenziali di tale costituzione.
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