Quaderni di Roma - anno I - n. 2 - marzo 1947

LEGALITÀ E DEMOCRAZIA NELLA TRADIZIONE ITALIANA 143 In realtà tuttavia non è così. li principe ha bisogno dei suoi satrapi, dei suoi fedeli: per mezzo di essi e delle loro forze, anche militari, spesso ha conquistato il potere; soltanto per mezzo loro lo può mantenere. Egli deve premiare e lusingare: ne nascono forme che si possono dire sostanzialmente feudali; la cui legge storica sta nella tendenza, da un lato, alla affrancazione da ogni dipendenz'a dal signore, e, d'altro lato, all'esercizio di un potere dispotico sui sudditi. Anche nei dispotismi moderni - quale per esempio, quello che si ebbe nella Germania nazista - erano evidenti certi aspetti che sapevano di feudalismo: il giuramento di fedeltà alla persona del capo, il ritorno ossessionante al così detto principio dell'onore, e la effettiva potenza di alcuni gerarchi o magnati, signori di certi rami delforganizzazione politica od economica dello Stato, temuti dal capo stesso, e, naturalmente, incontrollati. D'altro canto, desiderando poter mutare caso per caso il proprio dispotico volere senza il formale legame- ad una guida uniforme, quale è quella contenuta in una legge - generale e preventiva, per definizione -; e desiderando velare la brutale affermazione dell'assoluto dominio del proprio arbitrio, il capo di uno stato autoritario suol mascherare il suo dispotismo concedendo ai suoi rappresentanti (magistrati, giudici) una certa ampiezza di poteri. Tale discrezionalità dovrebbe, in apparenza, servire ad adattare la legge alle mutevoli esigenze della società: in realtà serve a legare i magistrati, anzichè alla fredda e imparziale volontà della legge, alla diretta, capricciosa volontà del capo, e a renderne ancor più dispctico, anzi veramente tirannico, il potere. Così si aprono le parte :ill'arbitrio più sfrenato, e del signore stesso e, in definitiva, dei suoi stessi magistrati, che, posti nella posizione di inte-rpreti ufficiali del « sano spirito del popolo » - come si diceva in Germania - e resi più arditi dalla prassi dominante e dall'esempio scendente dall'alto, si rendono anche personalmente rei degli arbitrii più sregolati. Si può dire dunque che l~galità si contrappone ad arbitrio, e ancora a disrotismo: il quale ultimo non si verifica storicamente senza cadere, presto o tardi, appunto nell'arbitrio. li vero dominio della legge, come sola sovrana nello Stato, non può stab1ìasi allora che in democrazia. Se democrazia è infatti quel regime che si basa sul principio della sovranità popolare e riconosce agli organi che esprimono la volontà del popolo il potere di fare le leggi, tutto questo sarebbe inefficiente se a tali principii non si accoppiasse quello di legalità, per il quale la legge è il limite invalicabile di tutta l'attività dei funzionari I . • . e cci mag1strat1. D"altro canto, se nel principio di legalità si concreta manifestamcmc.: la più formidabile garanzia dell'individuo di fronte allo Stato, in quanto esso principio assicura l'uguale dominio della legge su tutti i cittadini, tale

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