Quaderni di Roma - anno I - n. 2 - marzo 1947

118 PIETRO PAOLO TROMPEO che altrove, la Ch;esa vive d'una vita grama e stenta. I pastori, pochi, dispersi, e non tutti zelanti. I battezzati, quasi tutti immemori del loro battesimo. Le acquiescenze, i compromessi, le complicità, han dato il frutto rhe dovevano, così che i costumi della maggior parte dei cristiani non differiscono gran che da quelli dei pagani. In questa generale rilassatezza è vissuto Agcllio, un giovane agricoltore cristiano tiepido nella pratica della sua religione, m:i che ha conservato tuttavia l'integrità dei costumi. Agellio ha una vecchia madre pagana, una fattucchiera che esercita i suoi atroci e blasfcmatòri incantesimi in una foresta non lontana da Sicca, e un fratello, Giuba, nemico anche lui del nome cristiano, ma senza malizia, perchè è in realtà un puro folle, di qua dal bene e dal male, cresciuto come un piccolo bruto alla ricerca d'una impossibile totale libertà. A volta a volta strumento inconscio di Dio e di Satana, si sente che Newman gli vuol bene, anche quando lo lascia in preda al demonio, e quando da ultimo è esorcizzato e muore nella pace dei santi, il lettore ha un sospiro di sodisfazio.nc, pur sapendo da un pezzo che il romanziere non gli poteva riservare altra fine. Newman stesso ci dice che il primo personaggio di cui abbozzò la storia, quando incominciò il suo romanzo, fu Giuba. È in realtà l'incarnazione d'un tipo caro alle letterature nordiche nell'età romantica: il puro figlio della natura, che vien su come una giovane pianta o un giovane animale, ignaro di che cosa sia peccato: il Giuba di Ncwman è strettamente imparentato col David Gellatley di Walter Scott, in Waverley, e col Donatello di Hawthorne, nel Fauno di marmo. Nel romanzo egli ha-uno zio paterno, Giocondo, un pagano che resta pagano, ma su cui Newman lascia cadere e scherzare non so che raggio di simpatia. Sembra, e in fondo è, un tradizionalista, fedele ai vecchi dèi, · al rni rnlto ritiene indissolubilmente legata la sorte della sua Roma, bcnchè poi, nei fumi del vino, quel tradizionalismo si scopra scetticismo materialistico, ed egli si riconosca senza infingimenti « Epirnri de grege porrns ». Ora Giocondo esercita a Sicca un suo lucroso comm<:rcio: ha una bottega in cui vende idoli e idoletti d'ogni genere, per tutti i gusti e per tutte le borse. Ma le più belle statuine, quelle di lusso, gliele plasma un:i giovane greca, pagana, che ha uno squisito senso d'arte: Callista. Se Fabiola è la virtù romana che il cristianesimo verrà a consacrare, Callista è la Grecia nel più bel fiore delle sue qualità: sentimento della bellezza, armonia, perspicacia d'ingegno, aggiustatezza e grazia d'eloquio, sete incsaustà di conoscenza. « Era giovane, alta, d'aspetto grazioso. Portava una tunica gialla di stoffa leggera che le scendeva fino ai piedi calzati di sandali. I fermagli che le si vedevano alle spalle, sotto il breve mantello che gliele ricopriva e che a un bisogno poteva esser avvolto intorno al capo, parevan fatti non

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