Quaderni di Roma - anno I - n. 2 - marzo 1947

116 PIETRO P.IOLO TRO~iPEO trionfa delle resistenze di Fabiola. In llucsto intermittente e perenne dialogo risiede la vera bellezza del libro: bellezza non di romanzo, ma per !"appunto di dialogo platonico: di un Platone cristiano che raggiunge san Francesco di Sales e Fénclon. E non era Platone anche lui un catechista ~ Rileggete in Fabiola tutto il capitolo XVI della prima parte, da ricollegare con alcuni passi del IV, e poi il V e soprattutto il XXXII della seconda parte. Sono i punti più importanti del dialogo di cui s'è detto. Ci si sente muovere in un'aria platonica, salesiana, fcncloniana. « Egli non è lontano da noi, - dice Miriam del proprio Dio rispondendo a una obiezione di Fabiola - chè anzi, come nella luce del sole, cosl nel vero sole della potenza, bontà e sapienza di Lui noi tutti siamo, ci moviamo e viviamo. Cosl possiamo rivolgnci a Lui, non come se fosse lontano, ma come veramente vicino e<l intorno e dentro di noi, pcrchè noi siamo in Lui cd Egli ci ode, non già con· l'orecchio materiale, ma perchè le nostre parole cadono immediatamente nel seno di Lui e i dcsidèri del cuor nostro vanno direttamente nei divini abissi della sua essenza,,. Pareva perciò a Fabiola che nello spirito della sua schiava fosse ,, un tipo segreto, ma infallibile, di verità, una chiave maestra con cui le disserrava i più reconditi problemi della scienza morale; un 'armonica corch rispondente all'unisono a tutto ciò che fosse retto e giusto, ma dissonante a quanto fosse falso o viziato o men che esatto. Fabiola avrebbe voluto conoscere qual era questo segreto, e le sembrava veramente che la schiava parlasse più per intuizione che per memoria di cose vedute o imparate"· Questo, al principio del racconto, quando la catechesi cli Miriam è appena incominciata. Pit1 tardi, quando ella ha dato il suo sangue per la vita della sua padrona -.:questa la ringrazia con effusione per cosl grande prova d'amore, la povera serva intuisce che il momento della suprema rivelazione è arrivato. « Mia dolce signora - dice -, ascol!atemi di grazia attentamente . .Non per invilire quel che voi degnate di apprezzare tanto, perchè vi farci dispiacere, ma per mostrarvi quanto noi siamo tuttavia lontani dalla cima dell'eroismo, permettetemi ch'io vi rechi un esempio simile, ma dove le parti sono tutte scambiate. Sia uno schiavo... ma il più brutale e sconoscente e ribelle verso il più dolce e generoso dei padroni, e sulla testa di questo schiavo penda il colpo non d'un assassino, ma d'un ministro della giusti1,ia. Che direste voi e con qual nome chiamereste la virtù di quel padrone, che per puro amore e a solo fine di redimere quello sciagurato, corresse a precipitarsi sotto il fendente della scure, anzi si ~ottoponesse a tutti i supplizi e obbrobri antecedenti, e nel suo testamento dichiarasse quello ~chiavo erede di tutti i suoi tesori, con ordine che sia trattato e riguard~to come un proprio fratello ? ». Alla risposta di Fabiola, che per un atto simile ci vorrebbe, se fosse possibile, la virtù di un Dio, Miriam risponde a sua volta con intensa commozione: « Dunque Ge.<IÌ Cri.<to, c/1t'

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