Quaderni di Roma - anno I - n. 2 - marzo 1947

RO~I.INZI Ili PRETI J I , .) proprio così. Tanto la cattolica e timorat3 Klitsche dc la Grange Lluanto il rivoluzionario.e anticlericale Giovagnoli cran venuti al romanzo storico t]Uamloormai il pubblico italiano di romanzi storici non voleva più saperne: ci eran venuti in ritardo perchè ritardataria era la loro cultura, fattasi ndla segregata Roma di Pio IX. Anche quella loro simpatia, che del resto non fu esclusiva, per gli argomenti romani antichi era piuttosto indizio di provincialismo che di europeismo: pcrchè - e a questo vokvo arri1·arccon la digressione che sto per chiudere - nei decenni in cui il rom;1nzostorico era stato una forma viva, gl'italiani :wcvan lasciato da parte la storia romana, sostanzialmente estranea ai loro interessi e sentimenti di cittadìni, e avevano invece ricercato i secoli di mezzo e il Cinquecento e il Seicento, proprio perchè lì, e non già in LJUc:Imondo classico con cui si gingillavano le accademie romanesche, sentivano impegnate le ,orti ,lclla patria italiana. La digressione, voi lo sentite, non tocca soltanto il D'Azeglio, il Grossi e il Guerrazzi, ma anche, e principalmente, colui che ndl'lwlia aduggiata dall'albagìa spagnola e spagnolcggiantc aveva scguìto col suo occhio misericordioso le umili vicende di due sposi contadini, di due poveri, simbolo e pegno d\m alto ideale: la famiglia cristiana. e italiana, nuova cd antica. Eppure, la commozione che sentivo bambino nel leggere i romanzi romani cklla baronessa Klitschc dc la Grange sento che sarebbe una viltà rinnegarla. Forse, rileggendoli, potrei risentirla anche oggi, se in quei candidi racconti c'è, come cn.:do ci sia, una duplice eco: quella dell'archeologia cristiana, rimessa in onore dal grande cristiano Dc Rossi, e t111clla,sia pure affievolita e impoverita, dei libri di preti di cui vi parlo: _T-abiola e Callista. Libri, roman;,;i di preti. Può un prete comporre romanzi ? Non dico sr gli sia lecito, ma se gli sia possibile, se ne abbia la capacità. La stori:t letteraria, che domani potrà testimoniare diversamente, a tutt'oggi testimonia che romanzi di preti, voglio dire bei' romanzi, non cc ne sono. Due esigenze, in quei libri, cercano di mettersi d'accordo senza riuscirvi o riuscendovi imperfettamente: qurlla del catechista, nel più alto senso della parola, che ha una sublime verità da farvi conoscere, e quella del vivo e caldo narratore, che vi fa vedere in atto uomini e cose. Sapete il discredito e l'oblio in cui son caduti i romanzi del padre Bresciani, un tempo popolarissimi per ragioni estrinseche, ma già al loro apparire scoperti nei loro difetti dai buoni intenditori: romanzi in cui neppure la parte catechistica è da salvare, pcrchè troppo compromessa dall'astio partigiano, ma, se mai, alcuni bei pezzi descrittivi, pezzi per, e non altro (e il salvataggio viene così a confermare la condanna), antologia. Quando il cardinale Wiseman immaginò il suo romanzo (e lo compose poi, come. una devota ricreazione, nei ritagli di tempo che il suo

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==