Quaderni di Roma - anno I - n. 1 - gennaio 1947

74 GIOVANNI GIORGI che non sono quelle di durata, di distanza, di successione, d'intervallo spazio-temporale, devono entrare a fondamento della cognizione dei -fenomeni. Le conseguenze del principio d'indeterminazione, l'enunciato che non si può prevedere il divenire di un elettrone o di un fotone, se non sotto forma probabilistica, hanno sgomentato alcuni, e ad altri hanno fatto asserire che il principio di causalità e il determinismo sono caduti. Pensate un poco, o lettori: la meccanica celeste ci ha abituato-ad affermare che quando di un astro noi conosciamo a un dato istante la posizione e la velocità (in grandezza e direzione), siamo in grado di determinare col c:ilcolo tiuak sarà il suo moto avvenire, in qual punto quell'altro si troverà a un ·epoca assegnata: e lo stesso vale per un proiettile, per un oggetto qualunyue, <.:danche per una molecola, nel mondo terrestre. Ma per un corpuscolo dementare lcggiero, non è piL1lo stesso: la domanda, quale posizione e velocità abbia il corpuscolo ncll 'istante presente, perdedi significato preciso: per ciò che si verificherà in avvenire, il calcolo quantistico più rigoroso insegna a determinare soltanto la probabilità che in un momento assegnato, il corpuscolo si- trovi entro una certa regione dello spazio; il sapere di più, il prevedere di più, ci è vietato, non già per insufficienza dei nostri mezzi, ina perchè intrinsecamente una tale richiesta sarebbe improponibile. Dunque, due innovazioni del pensiero: in luogo delle grandezze spazio-temporali e meccaniche di tipo aritmetico, scalare, che noi siamo abituati a conoscere, intervengono in conto altrettante matrici infinite. che ci fanno rinunciare a ogni intuizione, a ogni comparazione con yuanto avviene nel mondo macroscopico; adattandoci a far intervenire nei calcoli LJUesticlementi, si perviene a determinare quell'inafferrabile scalare di campo il quale non è una grandezza fisica, ma misura il grado di probabilità affinchè certe posizioni siano raggiunte, affinchè certe grandezze fisiche abbiano un dato valore. Consultiamo l'esperienza. Risulta che un fotone dà luogo a fenomeni d'interferenza con se stesso, com<.:se potesse simultaneamente passare attraverso due fessure diverse; e così pure un elettrone. E, ciò che è più grave, l'interferenza avviene anchr quando le due -fessure, i due dispositivi interferenziali, sono collocati in due ambienti diversi. Che dedurre da questo I In primo luogo si può dire che questi enti elementari non sono corpuscoli veri e propri, sono piuttosto campi di onde. Ma nt·mmcno questa concezione è sufficiente. Che dire poi dell'altro ente elementare, il positrone, la cui vita è dell'ordine del miliardesimo di secondo, e per spiegare il quale si è dovuto pensare che esso corrisponde a cellule vuote nello spazio-tempo ?

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