G.IETANO DE SANCTIS cevano con esito del tutto negativo su quello una storia ateniese in contrasto con le notizie antiche più sicure e attendibili. Ma non tardò a riconoscersi unanimemente, o press'a poco, che la Repubblica degli Ateniesi di Aristotele ci dava ormai la misura esatta, e sia pure scaden~e, del valore rii Aristotele come storico, valore che fino allora le notizie scarse intorno alle 158 Costitu::io11i dal filosofo e dalla sua scuola edite o intorno alla tabella dei vincitori nelle feste pitiche preparata da lui e da Calli- ~tenc, non ci avevano permesso di apprezzare con fondamento. La fine del pregiudizio aristotelico non è che uno dei guadagni risultanti alla scienza storica dalia scoperta cui ho accennato. L'altro è di avere finalmente sott'occhio nella sua integrità la descrizione chiara, precisa e sufficientemente compiuta degli ordinamenti d'Atene in un momento in cui le libertà democratiche vi erano nel loro pieno vigore, cioè pochi anni prima della guerra lamiaca, per effetto della quale essi caddero sotto i colpi della reazione attizzata e protetta dalla Macedonia. Esposizione assai pedestre, e anche, in punti cardinali, lacunosa, ma per noi in certo senso tanto più pregevole in quanto obbiettiva e non alterata da giudizi più o meno fondati od arbitrari. E tuttavia quanto in simile materia uno storico di polso come Polibio fosse meglio del redattore ·di questa parte della Costituzione degli Ateniesi capace di « ficcar lo viso in fondo,, agli clementi essenziali di una costituzione, si vede dal confronto con l'analisi della costituzione romana nel libro VI dello storico di Megalopoli. Accanto allo scritto aristotelico ci illumina, assai diverso da esso. l'opuscolo recante lo stesso titolo che si trova in molti antichi manoscritti tra le opere minori di Senofonte. Esso non appartiene a Senofonte e non ha pretese d'opera storica o espositiva sulla costituzione d'Atene. Ma anche qui si tratta di un documento di cui solo la critica moderna ha permesso di riconoscere a pieno il valore e la significazione. Esso è un libello politico d'un ateniese avverso alla dominante democrazia, scritto circa il 424, quando Atene nel massimo fiore allora delle sue forze, prima cioè della catastrofe siciliana, era impegnata nelle guerre del Peloponneso. E i riconoscimenti e le critiche dell'autore sono del pari istruttivi e compiono e illuminano quel quadro apologetico della democrazia ::teniese che in quella età appunto traccia con mano maestra Tucidide nei discorsi da lui attribuiti a Pericle e in particolare nel panegirico dei caduti durante il primo anno della guerra, del quale sopra si è citato uno dei brani più significativi. Se a queste testimonianze capitali aggiungiamo le altre numerose dei decreti ateniesi incisi in pietra scoperti in gran parte nel corso dell'ultimo secolo, delle commedie di Aristofane in cui si satireggiano uomini, partiti, istituzioni d'Atene, e delle
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