Quaderni di Roma - anno I - n. 1 - gennaio 1947

SALVATORE RICCOBONO la piena dimostrazione di questo assunto. E domandiamo ancora una volta: come vide questo problema il Savigny, il fondatore della dottrina dell'evoluzione? Precisamente nella maniera qui prospettata; egli disse che il diritto codificato da Giustiniano era il ius genti11m e loda Triboniano per aver saputo cogliere con intelligenza il punto vitale dello :;viluppo del diritto romano. Savigny rimane sempre il più grande giurist:i ed il più grande storico del diritto romano, non superato, e la critica moderna non ha potuto con tutta la erudizione messa in campo, rovesciare e nemmeno scalfire alcun punto sostanziale dei suoi risultati. Considerati tutti questi clementi possiamo affermare con tutta certezza che la definizione del ius data da Celso rappresenta la realtà della vita e l'essenza del diritto quale era sentito dai Romani nell'epoca di Adriano. La definizione, diremo ancora, non è una creazione. Essa dice quel che era nella coscienza del popolo e nella ormai larga esperienza dei giuristi. Cicerone conosce un ordine giuridico che ex bono et oequo co11stat; e questo è evidentemente il ius gentium. Contrariamente all'indirizzo della critica moderna che, troppo corriva a concludere, ha bisogno di rivedere tutte le sue posizioni, noi riteniamo di poter affermare con sicurezza che con un processo di evoluzione, lenta ma sicura e lineare, dalle guerre puniche in poi, Roma ebbe a rifare il suo diritto nazionale, angusto e primitivo, e lo rifece per sè e per tutte le genti dell'impero, creando su altre e più salde basi un nuovo diritto. Questo miracolo della creazione cli un nuovo diritto, rivelatosi nel corso dei secoli eterno, è consacrato nel detto di Celso, posto come epigrafe al libro della sapienza giuridica romana: ius est ars boni et oeq11i. SALVATORE R1ccOBONO

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