S.\LVATORE RICCOBONO mondo nel quale esso era germogliato e si na sviluppato. li fenomeno non sfuggì agli stessi Romani, perchè si manifestò subitamt'nte e in for~1c spcttacol~ri. In primo luoµo rispetto al formalismo e al rigore del dmtto, Gaio r1fcrcndos1 appunto alla fine del VI secolo ab rirbe dice che le forme solenni e rigorose del processo « vennero in odio" al popolo, e Gelho constata per bocca di un giurista, rispetto allo stesso momento storico, cht' tutto tiuanto era astruso ed antiquato nelle XII Tavole svanì come per incanto; Cicerone poi inveisce contro la tutela perpetua delle donne, deride i vccrhi formulari degli atti giuridici cd afferma che la interpretazione letterale che proveniva dalla scienza del Collegio dei Pontefici aveva, nell'amministrazione della giustizia, soffocato l'aequitas. C'è dunque un mutamento essenziale nella tradizione giuridica costituita dalle leggi e dai mores maiorum. Il diritto aveva impronta arcaica nella sostanza, e nelle forme si veniva adeguando alle nuove condizioni dell'impero di Roma. Perciò il rinnovamento è radicale, investe le medesime basi su cui il diritto poggiava. Il mondo antico crollava rispetto a tutti gli clementi ed il nuovo si formava rapidamente. li diritto quiritario appariva ogni giorno sempre più fuori del tempo, mentre un nuovo diritto doveva svolgersi .su altre basi determinate dalle nuove forze che operavano nel nuovo clima, sotto la spinta della più moderna e sviluppata vita dell'impero. Non sembra che storici e giuristi della scuola storica si siano resi conto della imponenza ciel fenomeno, almeno in quanto alla rapidità ccl alle forme della sua attuazione, e meno ancora rispetto al mutamento deciso delle basi medesime ciel diritto. Rodolfo Jhering vide soltanto che sulla fine della Repubblica si ma- :::ifesta una crisi in ordine alla interpretazione rigorosa e formale, ma non ne indicava le cause. Pietro Bonfante scrutò pit1 a fondo il problema, ma solo genericamente disse che la fine delle guerre puniche segnò pure per il diritto rinizio di una nuova era. Silvio Perozzi si limitò a constatare, come si è già detto, che i giuristi non potevano affatto mutare le basi ciel diritto cli cui erano soltanto interpreti. Osservazione superficiale quest'ultima, perchè le basi del diritto non le pongono nè le possono mutare i giuristi, ma le muta il popolo stesso ed il tempo in tutte le manifestazioni della vita reale. Onde si deve ammettere che il rinnovamento colpiva essenzialmente le basi ciel diritto quiritario. Nè si opponga che il sistema teorico ciel diritto costruito dal Pontefice Quinto Mucio, nel VII secolo a. u., che aveva appunto i suoi fondamenti nella legge delle XII Tavole, domina sempre in tutte le opere dei classici, perchè non bisogna arrestarsi a questa prima visione, tutta apparente, ma vedere p•Ù a fondo il problema. Infatti è a tutti noto che i Romani custodirono sempre la tradizione giuridica come cosa sacra e mai pensarono cli abolire il diritto antiquato, lo lasciarono anzi intatto, nei suoi principii e nelle
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