Quaderni di Roma - anno I - n. 1 - gennaio 1947

IUS EST ARS BONI ET AEQUJ 33 attribuirsi solo agli interpreti, ma risiede nell'opera stessa di Giustiniano, perchè essa ha un vizio costituzionale che ne rappresenta la prima cagione. L'opera infatti fu costruita a mosaico con migliaia di estratti da un numero ragguardevole di scritti di giureconsulti vissuti nel periodo da Cicerone ai Severi e adattati necessariamente alla Compilazione con i più vari mezzi, accomodamenti e rabberciature. Questa ha pertanto due volti come il nume Giano: il classico, cioè quello originario da cui provengono gli estratti che Giustiniano volle rispettati letteralmente fino allo estremo limite possibile, cd il nuovo che risulta dalla ricomposta unità e da innumerevoli interpolazioni. Si aggiunga che nelle opere dei giuristi classici esistevano pure due strati, dacchè il sistema della materia poggiava sempre sul diritto dei Quiriti codificato dai decemviri al principio del IV secolo a. u. c., mentre il diritto più vivo, applicato nella pratica. era tutto formato dal nuovo ordinamento stabilito dal pretore n~ll'esercizio della sua giurisdizione. Per conseguenza la codificazione di Giustiniano è opera complessa e racchiude in sè tutta la tradizione giuridica romana arricchita, sviluppata e trasformata nel corso di più di nove secoli. Era pertanto fatale che l'interpretazione clell'opcra nei singoli punti e nel suo insieme dovesse offrire enormi difficoltà. Il contrasto si manifestò aperto e totale con gli Umanisti del secolo XVI. Oggi è riconosciuto da tutti che i Glossatori e i Commentatori italiani dal sec. XII fino al sec. XV furono i soli, i veri interpreti del Corpus iuris civilis. Ignorantissimi di ogni cognizione storica essi conseguirono quel mirabile risultato per l'assoluta padronanza dell'opera, nei suoi più minuti particolari, onde scrive A. Gentili (1582): quia . .. toti erant in iure dies ac noctes, mirum 11011 esse, si summi evaserint iuris consulti et summi iuris i11terpretes. L'altro aspetto dell'opera, invece, attrasse tutta l'attenzione dei nuovi interpreti, gli Umanisti del secolo XVI, i quali, come era nello spirito del tempo, presi da ardente interesse per tutta l'antichità, misero in maggiore evidenza tutto l'arcaismo che era nella Compilazione di Giustiniano, ricercandolo con cura dappertutto, anche nelle opere letterarie, e dissero asini e barbari gli interpreti italiani, accusarono Giustiniano e più il suo ministro Triboniano per i delitti commessi alterando le open: dei classici, ed affermarono che la eccellenza del diritto romano risiedeva tutta nelle XII Tavole, una costruzione monumentale, fatta di materia incorruttibile che dura eterna. Alcuni degli Umanisti, e così qualche moderno, es. lo svedese Hiigerstrom, disser'1 pure che i giureconsulti classici avrebbero con i loro commenti deturpato l'opera immortale. Da queste brevi notizie il lettore può ben intendere che rispetto al contenuto e al valore dell'opera di Giustiniano il contrasto di opinioni ha radici nell'opera stessa, è totale ed inconciliabile.

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