LA FINE OEL MACHIAVELLISMO turo se il principe non ottiene l'amicizia del suo popolo, ma non è il bene del popolo bensì solo il potere del principe che gli importa in questa verità perversamente inculcata. I Discorsi <9> fanno eloquentemente risaltare l'importanza capitale della religione nello Stato, ma senza attribuire il menomo interesse alla verità o alle menzogne di una religione qualunque essa sia; la religione è anzi presentata come il mezzo migliore pér ingannare il popolo, <.: ciò che Machiavelli insegna, è « l'uso di una religione nazionale per i fini dello Stato » come « mito adatto a unificare le masse a cementare i costumi » <001 : pervertimento della religione certamente peggiore e più ateo che l'ateismo crudo. Il mondo può vederne ed apprezzarne gli effetti devastatori nel flagello del totalitarismo contemporaneo. Eccoci di fronte al paradosso e all'interno principio di instabilità del machiavellismo di Machiavelli. Esso suppone, essenzialmente, che i valori morali siano completamente estirpati dal cervello dell'artista politico in quanto tale; mentre suppone nello stesso tempo l'esistenza reale e la reale vitalità dei valori e delle convinzioni morali in tutti gli altri, in tutto il materiale umano che il principe deve maneggiare e dominare. È tuttavia impossibilè che l'uso .di un'arte politica supermorale, cioè radicalmente immorale, .non produca alla lunga un indebolimento e una deg~nerazione dei valori e delle convinzioni morali nella vita umana comune, una progressiva disintegrazione del fondo ereditario delle strutture e dei costumi stabili legati a quelle convinzioni, e finalmente, una corruzione progressiva della stessa materia morale e sociale, sulla quale opera questa politica supermorale. Così un'arte simile consuma e distrugge la propria materia e deve allo stesso tempo degenerare anch'essa. Machiavelli quindi non ha potuto avere che pochissimi autentici discepoli. Durante i secoli classici di Enrico Vlll e di Elisabetta, di Mazarino e Richelieu, di Federico, di Caterina di Russia e di Talleyrand, quest'ultimo è stato forse il suo solo perfetto allievo. E infine gli insegnamenti di Machiavelli che implicano un'utilizzazione del male essenzialmente razionale e misurata, cioè artistica, dovevano far luogo all'uso di ogni sorta di male apparentemente vantaggioso da parte delle grandi forze (9) Certi autori bnno gr:ln G1~0 delle divcrgcnzc fra il Principe e i Discorsi. A parer mio queste divergenze, che esistono, si riferiscono sopratutto al genere lcttcr:uio delle due opere e sono secondarie. Si deve alla loro :rnd:1tura retorica e accadcmic:i così come .all'antichità roman:i, se i Discor1;11,/laprima decade di Tito Livio mettono in valore lo spirito rcpubblic:ino e cc.:rti ,1,;petti classici della virtù politica. In realtà nè questa virtù (nel scmo qcgli Antichi)) nè qutllo spirito h::nno mai inquietato Machiavelli, e la sua ispirazione pcrson:1lc, la sua arte tutta amorale di scr~ \'Ìrsi della virtù per dominare la fortuna mcdi~rntc l'occasione e 1a necessita, wno riconoscibili tauto nei Discorsi che nel Principe. (1Q) MAX L1:R.:-.ER, lntrod11:::.io11e. p. xxx,·11.
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