Quaderni di Roma - anno I - n. 1 - gennaio 1947

LA FINE DEL ~1ACHIAVELLISMO patcnza e di ogni totalitarismo politico. Machiavelii pc11sa,::he gli uomini nel loro comportamento ordinario e più frequente sono bestie guidate dalla cupidigia e dal timore. Ma il principe è un uomo, cioè un animale da preda dotato di intelligenza e di calcolo. Per governare gli uomini, cioè per godere del potere, il principe deve istruirsi presso il centauro Chirone e imparare da lui a diventare allo stesso tempo VQlpe e leone. La paura, la paura animale, e la prudenza animale elevati a coscienza e trasformati in arte umana, sono dunque i regolatori supremi del regno della politica. Tuttavia il pessimismo di Machiavelli è estremamente lontano da ogni pessimismo eroico. Egli dà il suo assentimento al male che vede, o crede di vedere ovunque. Egli consente, aspira a diventare un composto chiaroveggente di volpe e di Icone. « li modo in cui viviamo, egli dice, è così lontano dal modo secondo cui dovremmo vivere, che colui che lascia da parte ciò che si fa per dare la preferenza a ciò che si dovrebbe fare imparerà a lavorare alla propria rovina piuttosto che alla propria conservazione "· Bisogna quindi abbandonare ciò che si deve fare per ciò che si fa, ed è necessario che il principe, egli dice, « impari a non essere buono, al fine di usare o non usare di questa scienza secondo 1;, necessità del caso ». Ciò che è perfettamente logico se il fine dei fini è unicamente il successo presente. Tuttavia un tale abbandono, una tale rassegnazione sarebbe _logica anche non soltanto nella vita politica ma in tutto il campo della vita umana. Descartes, tra le regole provvisorie.: ài morale che si dava nel Discours de la méthode, decideva di imitare i costumi e le azioni di coloro con i quali doveva vivere, e di far attenzione a ciò che facevano piuttosto che a ciò che dicevano. Non vedeva che questo era un buon precetto di immoralità: poichè di fatto, gli uomini vivono più spesso secondo i sensi che secondo la ragione. " " ,. li risultato pratico dell'insegnamento di Machiavelli è stato per la coscienza moderna una scissione profonda, una separazione irrimediabile tra politica e morale, per conseguenza un 'illusoria ma mortale anùnomia tra. ciò che si chiama idealismo (a torto confuso con la morale) e ciò che si chiama realismo (a torto confuso con la politica). Da cui, come dice Max Lerner, « il conflitto supremo tra la morale e la spietata realtà». Tornerò su questo punto. Per il momento vorrei porre in rilievo due ordini di complicazioni che si riscontrano qui nel caso di Machiavelli stesso.

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