Quaderni di Roma - anno I - n. 1 - gennaio 1947

10 NELLO VIAN tanea mossa vc;nuta dal d'Annunzio con la dedica dcli'« epodo» - e che. si ricollega a sua volta con la critica esercitata dal Salvadori ancora «bizantino» - incominciò la fraterna attesa e l'opera discreta di richiamo, che non sarebbe venuta meno fino all'ultimo. Con ansia, il Salvadori coglieva e scrutava qualunque indizio di spirituale novità nel compagno di un tempo. Ecco come ne scriveva, a esempio, il 19 agosto del1'89, a Giuseppe Cellini, allora nel Portogallo: « Qua nulla di nuovo: - solo d'Annunzio, in certe terzine Al poetr, Andrea Sperelli pubblicate sul Corriere di Napoli, accenna novament•: a una trasformazione: Purchè sia ! ». Sperelli, piange nel tuo cor profondo L'anima. ancora disperata e sola ? Fa che raccolga ogni do/or del mondo. In questo tempo, ~1 rivolse a lui anche pubblicamente con la bella lettera aperta scritta nel 1891 dopo la lettura del breve e cupo racconto Giovanni Episcopo. Egli che aveva taciuto due anni prima, all'apparizione del romanzo della decadenza elegante e della lussuria Il Piacere (proprio in quel medesimo tempo, quasi a mostrare le strade oramai opposte dei due compagni di una volta, era uscita l'alta poesia religiosa del suo Canzoniere civile) volle manifestare all'amico il senso provato nel leggere, « con la maniera di vedere acquistata, fuori della letteratura militante, dalla pratica della vita», la triste storia di Giovanni Episcopo. Nel naturalismo del narratore gli parve palpitasse un sentimento di pietà insolita; nella descrizione di umili oppressi credette di scorgere una più aperta e cortlialc umanità che non nella rappresentazione della corruzione aristocratica. Nel libro sentì risuonare anche, insolitamente, più volte il Nome misericordioso e potente (« Gesù avrebbe pianto su me tutte le sue lacrime», grida in un punto lo sciagurato protagonista). Con la finezza che gli veniva dal senso dell'arte e dalla profonda esperienza religiosa, egli svolse dunque fino alle conseguenze i motivi morali posti nel romanzo; e notò nella cupa vicenda umana qualche indizio del divino («È Dio che si fa sentire: ma in quale oscuro, incerto e pauroso modo è sentito ») <• 7>. Nel 1893, con altri, lesse nel Poema paradisiaco segni di una mutaz1011<:a, nnunziata da un senso acuto dì stanchezza e di disgusto dalla voluttà della carne. Gli indirizzò allora versi fraterni, trepidi di speranza (17) G. SA1.v,uxut1. A Gabriele d'An,wn~io. in Fanfu/la della domenica, 7 (,bbraio 189.?; ora nel ,·olume /..ellne aperte, •~ Studium)). 1939, pp. 59-68.

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