Quaderni di Roma - anno I - n. 1 - gennaio 1947

100· NOTE DI CRONACA terza sab; e gli uni e gli altri all'insegnamento dei capiscuob. t dunque questo fare, p:unassiano e manieristico ad un tempo, la caratteristica della giovane pittura francese ? Nella terza sala il pittore non si lascia discutere: e come se ne potrebbe parlare se non chiudendosi ermeticamente nel mondo di ciascuno ? Cioè, in altre parole, se far della critica significa giudicare (ov,-cro opporre dialetticamente alla proposizione dell'artista una visione dall'esterno) come si può impiantare un discorso se uno dei due rermini, cioè la visione dell'esterno, è YÌetata dall'artista stesso? I~ pittore « puro 1) bisogna accettarlo com'è: e attencJerc che diventi tanto forte da imporre il suo mondo fino ad annullare il nostro; cioè, in altri termini, che faccia dell'arte tale da proporre e concludere insieme i termini dialettici arte-Critica, assorbendo totalmente noi osservatori. Ma questo, mi sembra, non è il caso d'alcuno di questi pittori: nemmeno di Gischia, e ncmn1eno di Fougcron con la sua Maternitù; e nemmeno delle due Nature morte di Borcs, pur preziosissime, o dcll'um:incsimo surrealista di Sima. Ma anche qui colori schietti e piacevoli; disegno sicuro e ,·oci altisonanti s'impongono. E tutto vorrebbe invitare alb polemica e risuscitare, magari, un:1 secessione, una mostra di <( refusés )1. Ma oggi, purtroppo per loro, questi pittori sono guardati senza scandalo: e la provocazione alla polemica s'affloscia ingloriosamente. Ma dobbiamo concludere; e b frettolosità delle nostre impressioni ci sia perdonata per b schiettezza che le anima: questa tradizione, tutta riflessa ormai, di sfida, di parole nuove, di invito alla discussione, questo procedere per mille vie (e la colpa è di Picasso) alla ricerca di qualcosa di smagliante fra le stelle fisse dei grandi maestri (quanto mal digerito Van Gogh nella grossa Tavola di cucina di Tailleux !), questo dipingere a programma (Picasso i:, forse, un grande umorista che si diverte a inchiodare di volta in volta i pittori per poi lasciarli in asso sul più bello) tutto questo fa pensare, sospettosamente, che questr gio\'ani forze francesi procedano, per così dire, dall'esterno; sembra cioè che questi pittori abbiano trovato ciò che rngliono (o vorrebbero) prima di par mano ai pennelli: non uno, ci sembra., che cerchi se stesso nell'umiltà del «lavorare», nel travaglio di scoprirsi nell'atto stesso del creare. Carrà, Tosi, Morandi, soprattutto Morandi ... Sì, convien riconoscerlo, soltanto in questa solitudine, forse, alberga la poesia. Ecco: ciò che ci è mancato, \'isitando la mostra, è stato, appunto, il richiamo della poesia. Ma forse sbagliamo. E chiediamo che di simili rassegne dcll'atti,·it:Ì artistica d'oltre confine ne vengano a ogni stagione. A. P. G,UTASO DE SA'\CTIS. dire11oreresponsabile Stabilimento Aristide Stadcrini - Roma - Via Crescenzio, '1

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