q8 NOTE DI CRONACA scriviamo; ciò che esclude, com'è ovvio, qualunque pretesa d'infallibilità. Ma il peggior male, pensiamo, sarebbe tacere unicamente per non correre il rischio di sbagliare. E del resto non sarebbe possibile. ADRIANO PRAr-.1>1 E cominciamo, secondo la promessa, dall'avvenimento più notevole, di cui vorremmo scrivere a lungo, molto più a lungo di quel che non consentano queste cronache affrettate: si tratta della mostra di « Pittura francese d'oggi », che costituisce il primo spunto per un aggiornamento concreto sul gusto contemporaneo. Questa mostra è quasi il complemento di quell'altra - vero abrégé della pittura. francese - che aveva preso stanza, l'estate scorsa, a Palazzo Venezia. La Fran# eia, insomma, esporta lo spettacolo della sua arte, e vuole irradiare nel mondo quel che viene maturando a Parigi; si vuole ora perpetuare, dunque, l'ufficio cui sembrò designata la terra promessa dell'arte contemporanea. L'alto patronato di Mr. Georges Balaij e il Comitato d'onore affiancato dal Comitato esecutivo hanno consegnato le 9" copie (6o artisti) alla dott.ssa Palma Bu- . carclli che ne ha curato l'ordinamento nelle sale di Valle Giulia. Questa a\'anguardia francese è stata così, per un accostamento che s'insaporisce casualmente di spunti polemici, ospite di quel palazzo, unico superstite dell'esposizione romana del 1911, che sembra destinato a fermare nel corso del tempo la nostra pittura del primo novecento, dignitosamente chiusa nel proposito di non voler invecchiare. Quasi una sfida, per dirla in parole violente; e, dico subito, questa avanguardia francese è sembrata, se non vecchia, almeno ca<lura. Forse l'ordinamento della mostra rispondente a un programma didascalico e inform:uo a una preconcetta critica ha contribuito a conferire alla ~cric <lei quadri un che di rigido, conveniente più a una immobile parata di campioni che a un'infrenabile manifestazione d'éla11 vita/. Al centro: sala dei capiscuola, rassegnati al barbaro dominio di Picasso, bussola impazzita dell'inquieta pittura contemporanea; accanto alla tela di Picasso (Natura morta con una testa antica, del 1925, cioè del periodo detto neoclassico), llonnard, Braque, Dclaunay, Dufresne, Dufy, Matisse, Utrillo, con una corte di altri pittori ormai passati tra i numi tutelari delle giovani milizie. A sinistra (reprobi?) i « pittori che tendono a mantenere o stabilire contatti con la realtà»; a destra la sala dei <1 pittori puri ». È dunque qui proclamata, ben schietta, l'antinomia tra realtà e arte, cioè si postula la realtà come meta possibile o evitah!le; in altri termini, b H realtà)) è considerata come qualcosa che può essere o non essere necessaria alla pittura. E questo i: già un aver superato il senso che a «realtà» si dava quando il problema dei rapporti tra realtà e arte non si pone\'a, quando cioè si pensava che l'arte dovesse avere una sua realtà inderogabile, per nulla legata a qualche altra realtà. Oggi, invece, in piena coerenza al concetto che ha suggerito l'appellativo di « arte non figurativa )> a una certa tendenza pittorica, il problema si è posto di nUO\'O: e, a volersi lasciar trascinare dal pessimismo, ci si sente scivolare a discutere, come trent'anni fa, sul ,e soggetto n; stavo per dire sul u contenuto n come opposto di " forma)). li filosofo si scandalizzerebbe; ma l'arte non sa di filosofia, e il gusto, per definizione, non consente dispute. Noi, per nostro conto, ci limitiamo a registrare il fatto, anzi i due fatti: l'accennato assillo dei rapporti tra arte e realtà, intesa come esperienza consumata fuori dell'arte (è come dire: rapporti fra arte e umanità, come s'usa dire oggi: e qui è un larvato desiderio di perseguire un'arte (<intelligibile>,.
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