Quaderni Piacentini - Nuova Serie - n. 12 1984

238 cui, fallita la solidarietà nazionale, il Pci ritorna all'opposizione, proclamandosi per di più assertore di una nuova strategia (l'alternativa democratica alla Dc)? I dati, raccolti e pubblicizzati dai radicali, parlanomolto chiaro: nella V I I legislatura (1979-1983), i l 70,6% delle leggi varate dalla Camera sono state approvate con il voto favorevole del Pei; in assemblea, i voti comunisti contrari ai provvedimenti del governo non superano, nello stesso periodo, i l 23,8% del totale; in commissione, scendono al 5,2% (1). E i l quadro si completa se aggiungiamo la dimensione «qualitativa» dell'attività parlamentare, ossiase mettiamo in conto la gestione rigorosamente consociativa della agendaparlamentare (per i l tramite sia delle presidenze Camera/ Senato, sia delle presidenze di commissione, sia, infine, delle conferenze dei capi-gruppo). Il risultato di tutto questo è quanto mai originale, scarsamente confrontabile con quanto accade in altri paesi occidentali: da un lato, il sistema politico italiano non è (e ha scarsissime probabilità di diventare, quanto meno nel breve/medio termine) una democrazia dell'alternanza, basata sul confronto fra coalizioni contrapposte; dall'altro lato, non è neppure una democrazia consociativa fondata sull'accordo esplicito (manifesto) fra tutti i principali attori politici. Piuttosto, questo sistema politico ha acquistato col tempo i tratti di un vero e proprio establishment nel quale a un elevato livello di conflitto manifesto fra le sue diverse componenti corrisponde una elaborata e fitta trama di contrattazioni e di interscambi fra quelle stes1.Polemizzando con i dirigenti radicali che sostenevano queste tesi (e, indirettamente, anche con me che le condivido) Gianfranco Pasquino ha recentemente ricordato altri casi in cui è possibile ritrovare comportamenti marcatamente cooperativi delle opposizioni parlamentari nei loro rapporti con le maggioranze di governo (ad esempio, di tal fatta furono i rapporti fra conservatori elaburisti in Gran Bretagna negli anni cinquanta-sessanta). Si tratterebbe pertanto, secondo Pasquino, di un fenomeno normale, che appartiene più alla fisiologia che alla patologia dei sistemi parlamentari. A me pare che Pasquino non tenga sufficientemente conto del fatto che comportamenti simili in contesti socio-politici profondamente diversi non hanno necessariamente lo stesso significato. Una cosa è i l voto favorevole della opposizione ai provvedimenti del governo in un sistema politico non bloccato, ove è frequente l'alternanza e ove, per di più, come accadeva nella Gran Bretagna degli anni cinquanta-sessanta, i partiti convergono visibilmente (apertamente) al centro, nella competizione. Tutt'altra cosa è invece la quotidiana cogestione del parlamento (per di più: in forme semi-clandestine) in un sistema politico bloccato. La diversità dei contesti storici e socio-politici complessivi deve, a mio giudizio, esseremessa inconto. I I «trasformismo parlamentare», a me pare, continua, malgrado tutto, aparlare assai più l'italiano (con forti inflessioni romane) che non, ad esempio, l'inglese. Biblioteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==