Quaderni Piacentini - Nuova Serie - n. 12 1984

231 illustrato da GustavoZagrebelsky nel numero undici di O.P.: i l cd. paradosso della riforma costituzionale dei regimi democratici («si vuole la riforma perche non si riesce a decidere: ma la riforma della costituzione è lamassimadelle decisioni ipotizzabili». Per cui: «dove la riforma è assolutamente indispensabile, ivi è ancheassolutamente impossibile»). Devo subito dire che concordo quasi per intero con granparte delle osservazioni di Zagrebelsky; eccetto due apparenti sfumature: la suadistinzione tra «riforme e razionalizzazioni», da un lato; il suoapparenteconvincimentoche le vere riforme della democrazia in crisi di autorità e legittimità sianosemprestate «eteroriforme» e non già «autoriforme». Egli cita il casodella quarta repubblica francese, ma non credo chepossabastare. Il punto del miodisaccordonasce, infatti, da una ragionesemantica e da una constatazionestorico-politica. La prima è presto detta: dovecollochiamo l'eventualemutamento del sistema elettorale italiano(conqualche innovazione relativa ai rispettivi compiti dei due rami di un parlamento bicamerale); tra le «riforme» o tra le «razionalizzazioni» di un sistemacostituzionale? Se stiamo al caso italiano, la terminologiaproposta da Zagrebelsky dovrebbe indurre all'ottimismo:trattandosi di una legge ordinaria, il sistema elettorale può esseresenz'altromutato attraverso una semplice «razionalizzazione». E quindi molto più facilmente di quanto molti oggi possanopensare. Ma, scherzi a parte, credo che la vera differenza tra riforme e razionalizzazioni stia, dal punto di vista della «realizzabilità politica», quasi interamente nella percezione dei protagonisti e degli elettori: se entrambi le ritengono scontate (in quantonecessarie e urgenti), allora diventano «razionalizzazioni»; se invece ai pochi favorevoli si opponeunamaggioranza di contrari o scettici, allora è chiaro che si tratta di riforme chepossonoessere«imposte» solo dall'esterno. Possosbagliarmi; ma confesso che al momento non me la sentirei di stabilire le possibilità o meno di riforma in base a questioni definitorie, quanto in base ad accertamenti empirici da condurre caso per caso. I l che, nella nostra fattispecie, induce forse a ritenere che la fattibilità politica della riforma italiana dipenderà in larghissima misuradal clima politicocomplessivoche sul problemasapremocreare, siacome politici-protagonisti che come intellettuali. C'è poi una constatazione storico-politica all'origine delle mie personali perplessità sulla tesi della «irreformabilità delle costituzionidemocratiche ad opera della stessademocrazia». Essa dice Ole quel che è stato vero per il passatopotrebbe non esserlo più per un presentecaratterizzato da una accentuata«accelerazione storica». E infatti, se guardiamo alla lezione che viene dall'analisi comparativa Biblioteca Gino Bianco

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