LA RIVOLUZIONE MICROELETTRONICA E L'UTOPIA DELLA FINE DEL LAVORO* Paola M. Manacorda Dieci anni dopo la «rivoluzione informatica» Gli anni ottanta sono caratterizzati da un ampio e vivace dibattito sui temi dell'automazione, dell'informatica, della microelettronica. Soprattutto nelle città del nord del paese, non passa giorno, si può dire, senza che qualche circolo culturale, organismo politico, r i - vista scientifica organizzi o promuova un incontro destinato a «discutere» i l nostro futuro, a metterne i n rilievo i profondi cambiamenti, e a sollecitare l'attenzione del mondo politico, sindacale o imprenditoriale verso l a necessità d i predisporre le misure necessarie per assicurare all'Italia un ruolo non periferico in questo grande movimento innovativo. C'è dappertutto la sensazione che sia in corso una «grande rivoluzione», l a rivoluzione microelettronica che cambierà il nostro lavoro, la nostra vita quotidiana, i l nostro rapporto con la democrazia, con i l tempo, la cultura... Questo rifiorire d i interesse per i temi della innovazione tecnologica giunge dopo un silenzio di qualche anno: volendo infatti r i - prendere una periodizzazione forse schematica, ma utile per comprendere l'andamento del dibattito in questi ultimi dieci anni, si può notare che proprio i l periodo che va dal 1973 al 1978, quello detto della ristrutturazione, e che vede una ripresa dell'iniziativa padronale sul terreno della organizzazione del lavoro e delle grandi scelte tecnologiche, è quello nel quale più assente è i l dibattito. I l movimento operaio e la sua rappresentanza sindacale si trovano a dover fronteggiare giorno per giorno una serie di piccole e grandi innovazioni che non assumono però, almeno esteriormente, i l carattere di radicali trasformazioni. La nascita del microprocessore, nel 1973, è seguita da un * I I presente saggio costituisce un capitolo di un volume dell'autore sul lavoro manuale e intellettuale nell'epoca microelettronica, di prossima pubblicazione. Biblioteca Gino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==