Processo Valpreda - n. 12 - 14 marzo 1972

L. 30 , 14 ■ IL PCI A CONGRESSO A MILANO ~zo 1912 N. 12 l'ordine I «difensori» di Valpreda: meglio waga~era ~ LALUNGAMARCIADI BERLINGUER un passoa destra,due passiindietro Si apre oggi il Congresso del PCI. Mai la discussione politica nel partito è stata cosi squall;da e povera. Ma meglio degli illeggibili - e da nessuno letti - fogli di carta congressuali dei dirigenti del partòto, parlano le fin treppo chiare frasi dell'Unità a proposito degli scontri di Milano. Lunedì 13 i'Unità ha superato ogni limite. E' la d;. rezione di un partito che continua a chiamarsi comunista, che scrive: L'attacco al Corriere della Sera si è potuto verificare per carenza delle forze di polizia. Provocazione organizzata, da una parte, e incredibili carenze dall'altra ». I dirigenti del PCI si lamentane della polizia. E non perché ammazza spara e pesta. Ma perché non è ab bastanza brava a difendere il Corriere della Sera. Anz,, la polizia è praticamente - secondo i burocrati che dirigono il PCI - d'accordo coi dimostranti che bastona, e dai quali viene bastonata. Nell'accordo sono magari cempresi i cento compagni arrestati finora e quelli che lo saranno nel prossimo futuro. Noi non ci meravigliamo. Ma chiediamo ai compagni di base del PCI, ai lavoratori, ai giovani: che cosa è un partito che in nome del comunismo arriva a queste furfanterie da sbirri? Che ces'è un partito che chiede voti in nome dell'ord;. ne, e protesta contro la polizia perché non ce la fa a ricondurre all'ordine padronale i militanti rivoluzionari? Al Congresso del PCI di Milano la voce dei proletari, della loro lotta, della lcro combattività, sarà som mersa sotto i discorsi tutti uguali di Amendola, di Berlinguer, di Pajetta, e dei loro colleghi, che parleranno di ordine, di legalità, di riforme e del pericolo d; destra. E, tanto per andare ancora un passo più a destra, più di erdine che di riforme. « Le riforme non sono un fatto punitivo », dice Amendola. E vuole così rassicurare tutti quegli strati borghesi, dai padroni arretrati ai padroncini ai burocrati, che in un periodo di vacche grasse votavano PCI, e in periodo di crisi corrono dai manganelli fascisti. « Le riforme sono un'esigenza obiettiva del Paese, che, dopo un periodo di crescita, ha bisogno di un vestito nuovo », sono ancora parole di Amendola. Un « vestito nuovo » per il Paese, con la P maiuscela. Ma chi è il Paese? Esiste il Paese o esistono le classi, sfruttatori e sfruttati, nemici mortali gli uni degli altri? E questa storiella del vestito nuovo! Non più disposti a fare i chirurghi, i dirigenti del PCI si dedicano a operazioni di sartoria artigiana. Viene in mente Valletta e tutti i suoi camerati, nel 1945. Che i partigiani comunisti volevano tagliargli la testa, e invece se la cavò sfilandesi la camicia nera, e mettendosi il vestito nuovo della democrazia borghese. L'epurazione poi la fece lui, al reparto confino, contro gli operai comunisti e antifascisti. E' una storia che si ripete. Riforme, ma senza esagerare, per non perdere veti borghesi. La rivoluzione è fuorilegge, è provocazione. Ordine e legalità, contro il pericolo di destra. E qui sta il pezzo forte dei cori opportunisti dei dirigenti del PCI. C'è il pericolo di destra: e allora freniamo le lette in fabbrica, le rivolte sociali, le manifestazioni di piazza. Stiamo buoni, produciamo, seguiamo le vie legali, se no facciamo un favore ai fascisti. Sembra un ragionamento, ed è una follia. Perché il potere capitalista richiama in servizio i fascisti, rierganizza la destra governativa, rilucida le armi della repressione poliziesca e giudiziaria? Per riuscire a farci star buoni, a produrre, a seguire le vie legali. La tattica 1:31 teca 1no 1anco dei dirigenti del PCI, di fronte al pericolo di destra, se nella sostanza è un ricatto centro la lotta di classe, negli argomenti usati è uguale alla decisione di quello che, per fare un dispetto alla moglie infedele, se lo tagliò. I dirigenti del PCI evocano lo spettro del 1921-22, degli anni della vittoria fasc;sta su un movimento proletario che nen era riuscito a impadronirsi del potere, a instaurare il suo stato. E proprio in questo ricordo storico dimostrano la loro malafede opportunista e le loro scelte suicide. Perché anche nel 1921-22 c'era un partito elettoralmente forte, il PSI, e un movimento di classe che aveva scosso dalle radici il potere dello stato borghese. E quel partito era dominato da un gruppo dirigente che rifiutò di guidare fino in fondo il movimento, che rifiutò di armare le masse. Un gruppo dirigente che, per la paura del pericolo di destra, si illuse che l'indebolimento dell'offensiva proletaria avrebbe in breve tempo riportato la « democrazia » padronale. Un gruppo dirigente che non seppe raccogliere e generalizzare l'iniziativa dei proletari, che alla violenza criminale dei fascisti appoggiati dai poliziotti rispendeva con la violenza rivoluzionaria aperta e organizzata. Ai dirigenti del PCI noi non abbiamo niente da dire. Stiano nel loro brodo. Ma abbiamo molto da dire, e da fare, con i militanti proletari del PCI, cen quelli che non si misurano con una tessera ma coi compiti della lotta, con quelli che all'ordine dei picchiatori fascisti non rispondono « l'ordine siamo noi » ma rispondeno con i loro pugni di sfruttati. Il pericolo di destra è reale solo se i proletari rifiutano di affrontarlo conducendo a fondo la lcro lotta. La borghesia italiana va a destra, certo. Ma è questa una sconfitta proletaria? O è, al contrario, l'effetto della forza offensiva proletaria, che non può essere dominata con i mezzi ordinari della legalità borghese, la legalità dello sfruttamento indisturbato? Può diventare una sconfitta solo se, invece di continuare e rafforzare la lotta di massa, di organizzarsi per affrontare il nemico sul suo terreno, ci si tira indietro, si rinuncia ai propri obiettivi, si getta acqua sul fuoco. Certo, la borghesia reazionaria sfrutta le lotte per gridare al lupo, spaventare i suoi impiegati, rastrellare voti. Ma se il lupo è capace di mordere e azzannare, i calcoli elettorali della borghesia verranno distrutti. La classe operaia, il proletariato meridionale, gli studenti rivoluzionari hanno oggi questa forza. L'hanno misurata all'Alfa come a Siracusa, alla Mirafiori come nelle strade di Milano. Nei luoghi dove gli sfruttati si contano, e non nelle cabine elettorali. Procederemo su questa strada. Con le lotte di massa, per la casa, per la garanzia del salario a tutti i proletari, contro i licenziamenti e la disoccupazione, per gli aumenti salariali uguali per tutti e la riduzione generale dell'orario di lavoro, contro il carovita. E chi viene a sbarrare la lotta per questi obiettivi, fascisti e poliziotti, governanti e colonnelli e giudici corrotti, sarà affrontato dai proletari organizzati. Perché per noi il comunismo non è una parola, è una realtà da conquistare nella lotta di massa e nell'azione senza compromessi dell'avanguardia. Così rovesciamo contro i padroni la truffa delle elezioni, così ci prepariamo a una lotta unitaria di tutti i proletari, in cui si farà le ossa un esercito rosso che nessun governante e nessuno sbirro potranno distruggere.

14 M~RZO 1972 DISORDINE EORDINE Dopo il sabato dei disordini, la domenica dell'ordine. Il gran consiglio dei governanti elettorali si è dato subito da fare. Mariano Rumor, ministro dell'ordine pubblico, ha cominciato a santificare la festa chiamando a consulto il capo della polizia Vicari e il generale dei carabinieri Sangiorgio. I risultati della riunione li abbiamo sentiti nei minimi particolari alla radio e alla TV: si farà di tutto per assicurare alla giustizia, oltre ai 99 arrestati, anche i responsabili e i mandanti che stanno nell'ombra, le centrali della sovversione. L'avvocato che ha chiesto al questore di Milano il permesso per la manifestazione è stato denunciato per «concorso ideologico» nei reati fatti dagli altri, cioè come dire che non ha resistito e devastato, però era d'accordo e quin- ; è responsabile della resistenza e delle devastazioni. Sono state perquisite attentamente otto sedi di gruppi rivoluzionari e 27 appartamenti privati di compagni. In una delle sedi di Lotta Continua, dice il Corriere della Sera per finire di terrorizzare i suoi affezionati lettori, si è trovato un biglietto dove c'era scritto: «Ultimo avviso: tutti d'accordo per l'assalto eccetto il Manifesto che farà un comizio. Fuoco sugli ::iportunisti •. Sull'ondata di quest'orgia pubblicitaria e repressiva, si è scatenata l'eloquenza domenic:ile dei comizianti. Il segretario della DC, Forlani, è riuscito a essere deciso e minaccioso come poche volte in vita sua: « Lo stato democratico non rinuncerà a colpire», ha detto. E Scelba in persona è uscito dal museo per prendersi finalmente la sua rivincita, recitando il requiem sul centrn sinistra: abbiamo esagerato con la democrazia, adesso bisogna «serrare al centro». E dopo il sabato e la domenica, ecco l'Unità del lunedì che si fa in quattro per protestare innocenza, che ruba le parole al Corriere della Sera per deplorare «l'assenza o l'incerto impiego delle forze dell'ordine pubblico»; che spergiura di averlo sempre detto, che i gruppi estremisti «fomentatori del caos e del disordine», stanno dalla stessa parte con «uomini come Pino Rauti, set· tori della polizia, e forze che sono all'interno dello stesso monocolore di Andreotti ». Insomma, uno spettacolo davvero istruttivo. I governanti-poliziotti ammazzano la n':lnte per le strade, poi dicono che il disordine è a sinistra e bisogna serrare al centro. I dirigenti del PCI dicono che è disordine provocato per rafforzare la destra e che l'ordine è a sinistra. E tutti chiedono voti per l'ordine. La verità è un'altra e i proletari l'hanno c;ipito: a destra ci stanno i ·nemici, gli f>fruttatori, il loro governo, i magistrati, i poliziotti, i fascisti; a sinistra ci stanno i proletari con i loro bisogni enormi da soddisfare, la loro voglia e capacità di combattere, le loro avanguardie organizzate. Al centro, c'è solo una barricata. Sopra questa barricata non può regnare l'ordine. Questo lo dice solo chi non crede alla forza immensa del proletariato quando riconosce i propri nemici, li affronta e comincia a fare giustizia. Questa campagna elettorale nata all'insegna dell'ordine, non sarà ordinata. I proletari, a cominciare dai compagni della baie del PCI, non sono d'accordo che i fa. scisti, braccio armato dei padroni, abbiano diritto di parola sulle piazze. Non sono d'accordo che il processo allo stato della strage sia tolto dai tribunali con un colpo di mano dei giudici, e dalle piazze con i divieti dei questori. Non saranno le contrattazioni, i ricatti, le promesse elettorali, all'ombra di un governo elettorale da colpo di stato e d-::i suoi fucili a imporre al proletariato e alle sue avanguardie l'ordine dei padroni. E bra~o Rumor ! Dopo una riunione al Ministero degli Interni a Roma, su ordine di Rumor, sono state perquisite a Milano le sedi delle orc;ianizzazioni che avevano promosso la manifestazione contro la strage di stato di sabato 11 marzo. Numerose abitazioni di compagni sono state visitate dai carabinieri che in alcuni casi hanno sfondato porte ed armadi. I compagni arrestati sono 99; ma i rastrellamenti continuano negli ospedali dove stamattina, lunedì, sono stati arrestati altri compagni. I compagni di Lotta Continua hanno denunciato un clamoroso falso della polizia. I carabinieri che avevano perquisito la sede di Milano, avevano reso noto ai giornali il testo di un cartello in cui al posto delle parole vere: «Tutti d'accordo come concordato, eccetto il Manifesto, che fa un comizio»; hanno sostituito « Tutti pronti per l'assalto ». Il testo originale del cartello è stato firmato da alcuni avvocati e sarà sporta un.i denuncia contro la polizia. Oltre alle perquisizioni e agli arresti, (hmenica 12 sono «improvvisamente esnlose» 50 molotov in un appartamento di Via Pacinotti. La casa, disabitata da due giorni, appartiene a due compagni di Potere Operaio. Uno è stato arrestato e gli è stata notificata l'incriminazione per «strage». L'appartamento ha due finestre su un ballatoio: entrarvi è uno scherzo. Come hanno fatto le bottiglie a esplodere da sole, la questura non lo ha spiegato. SANTI DJIERI E DI OGGI « NON RACCOGLIETELE PROVOCAZIONI,NON FORNITELOROPRETESTI,NON RISPONDETEALLE INGIURIE,SIATE BUONI, SIATE PAZIENTI,SIATE SANTI.LO FOSTEPERMILLENNI,SIATELOANCORA. TOLLERATE,COMPATITE, PERDONATEANCHE». (Con queste nobili parole nel 1921 il capo del riformismo italiano Filippo Turati rispondeva a un compagno del suo partito che gli chiedeva con quali mezzi bisognava resistere allo squadrismo fascista). "b i t ..,caGinoBianco LOSTATO DEMOCRATICO N. 12 Glischerzi del~ra giustizia NONRINUNCERA A COLPIRE! Il giu:lice Stitz dunque avrebte intenzione di incriminare RautJ anche per la strage di s:ato, :e bombe del 12 dicembre. Vorrebbe mandare quindi. tutta l'inchiesta a J.1,1ilano,sede "competen. te". Valprcda e gli altri accusati delle bombe del 12 dicemb~c continuano a stare dentro, il perché lo abbiamo capito tutti. E intanto in un'altra inchiesta viene fuori che le brmbe le hanno messe i fascisti e gli_ anarchici non c'entrano niente. Al:ora? Alcuni giomah hanno scritto "ma ìn fondo cosa volete? Valpreda e gli altri non possono essere tenuti L, galera, senza processo, oltre il 1978. Per cui prima di allora o si farà il processo o saranno scarcerati". Questa si che è giustizia! Prima del '78 poi chissà cos'altro può succedere. Magari al fascista ~Ierlino, che a questo punto comin. eia a diventare un po' scomo,lo. Povero l\Ierlino, ;w ha fiducia nelle promes~e dei "camerati" e ha detto che non parlerà. Ma non ha tenuto conto che i suoi amici, che sono andati in Grecia con lui, hanno imparato un metodo già sperimentato dai colonnelli contro gli amici "scomodi": il suicidio per rimorso. Intanto ii senatore democristiano Bettiol, assume la difesa di Marco Balzarini, che è scappato per evitare di passare guai per i suoi rapporti con Preda e Ventura. Bettiol dovrebbe avere, m comune con Rauti, parecchi amici portoghesi. Rauti infatti era in contatto con. agenti della polizia s~grell&. portoghese !PIDE) per l'acquisto di armi. I gg ~~f &n§ori 11 di Val9r1fj~: Betti o I è stato di recente ìn Portogallo, e poi in Angola e Mozambico ( dove si cornba tte contro il dominio portoghese) per stabilire vari generi di contatti e collaborazione. Naturalmente Stitz e o chi per lui) non ci penserà di tirar dentro pure j democristiani in questa st~ r:.a. Senz'altro resterà fuori quel! ' altro democristiano, Caro, che ha come sola colpa quPlla di essere amico di Yentura e suo finanziatore. Scherziamo? Se si tirano dentro anche i dernocristianini, bisognerebbe ammettere che la strage è di stato e che i fascisti sono solo uno strumento dei padroni. E questo Stitz non ·10 sa. la coerenza non è mai troppa Attorno a Valpreda ricacciato in galera da Andreotti, continua il cr.rosP.tlo elettorale. I dirigenti del PCI h'.1'1no una grande p<1ura eh', Valpreda candidato gli por" via voti, e mandano i loro avrncati a Regina Coeli a fare il duello elettorale col Manifesto sulla testa di Valpreda. « Anche se vai in parlamento, non sarai mai un uomo politico, sempre un guitto resterai »: questa e altre frasi simili si sono sentite urlare dai muri· del carcere. Tra tutti i buffoni che popolano il palcoscenico parlamentare, un guitto non ci stonerebbe, comunque è da ammirare ancora una volta la coerenza della li..,ea di difesa che gli avvocati <1 riformisti » ( in particolare Calvi) hanno seguito fin dall'inizio. Oggi ricattano pesantemente e pubblicamente il loro protetto, ma se guardiamo bene come è andata la storia, vediamo che una gran voglia di tirar fuori Valpreda di galera non ce l'hanno mai avuta. 16 dicembre 1969, Valpreda è sottoposto ad un confronto all'americana con Rol;mdi. E' sotto interrogatorio da trenta ore: ha i vestiti sgualciti, lo sguardo allucinato, i capelli arruffati; accanto a lul quattro poliziotti con la cravatta e il tiiglio di capelli alla « questurina ». Calvi non fa alcun riliern. Prima del riconoscimento il tassista afferma testualmente: « Mi è stata mostrata dai carabinieri di Milano una fotografia che mi è stato detto doveva essere la persona che io dovevo riconoscere». Calvi, presente, non si oppone al riconoscimento, non eccepisce alcuna nullità: 14 febbraio 1970, Calvi dichiara alla stampa che pre- ~enterà una istanza di scarcerazione di Valpreda per mancanza di indizi. Grande rilievo sui giorna!i. L'i'.lta'lza non verrà mai pre~entat'l. l n maggio 19ì0. In r•cca- ~ione dcll'in"arico di pcri"i::i sn,la 500 di Valpreda rJ1' a giudizio di Occorsio doveva essere una specie di l\Iaserati, Calvi si ri5erva di nominare un consulente di parte. Kon lo farà mai.· Giugno 1970. Esce il libro « Strage di Stato ». In merito alle rivelazioni che esso contren:e {su Rauti, Afhbr'bsini, Cartocci, Delle Chiaie, Borghese, Calzc,iari. Merlino confidente, ecc.) gli avrncati Di Giovanni - difensore di alcuni imputati minori in seguito prosciolti in istruttor\a ( con la .s11~ranza di farlo uscire dal processo) - e Armentano-Conle, difensore di Merlino, ne chiedono l'acquisizione agli atti e •presentano due lunghissime memorie piene di richi!!ste di ulteriori indagini nella direzione indicata dal libro. E' da notare che lutto quello che negli atti istruttori riguarda i fascisti è entrato nel proccesso grazie a queste due memorie. Calvi se ne disinteressa completamente, come se la cosa non lo riguardasse. Non chiede neppure una controuerizia balistica: lo farà l'aV\". Armentano-Conte e verrà fuori che quella uf. ficiale ha completamente stravolto le risultanze obiettive e che l'esplosivo usato - che non è in commercio in Italia - è identico a quello in dotazione alle iorze Nato. Calvi tace. 2 luglio 19ì0. Cudillo interroga il taxista Rolandi « a futura memoria » senza la presenza del difensore· di Valpreda. Calvi, pur aven• done le facoltà. non impugna la testimonianza. Lo ia oggi, a distanza di un anno e mezzo, dopo aver dichiarato testualmente in una intervista rilasciata a « Panorama » subito dopo la morte di Rolandi: « ~ii dispiace che sia morta una bra\·a persona, un testimone in buona fed!'. Si tratta di un danno per la difesa che. in ~ecJr proce•suale. non potrì1 contrastarne le accu~e in qua11to esiste una testimon1anza a futura memoria ». e E qui non è so.lo questione di re\·isionismo ... l. ;\Iarzo 19H. Se n te n z a istruttoria di Cudillo: Valpreda e gli anarchici sono colpevoli. Calvi ai giornalisti: « Una sentenza onesta ». Percapirecosa è sucGesso Ieri mattina a Torino i fascisti hanno doyuto stare al chiuso di un teatro e protetti dalla polizia per tenere un comizio. Altrimenti n:m a,rebbero parlato. I compagni presidiavano la zona. A un certo punto è passata un'auto dei missini. Aveva manifesti, un altoparlante e vetri. Pochi mi• nuti dopo non li aveva più. La polizia è accorsa per vedere cosa era succe55o. Allora, i compagni hanno fatto vedere cosa era successo e hanno tirato i sassi anche contro la polizia, che, avendo capito finalmente di cosa si trattava, se n'è andata. Altri compagni hanno pensato che forse fascisti e polizia non avevano ancora capito bene cosa era successo. E' così la notte qualcuno ha gettato un bidone di plastica con cinque litri di ben• zina alla sede della CISNAL. forse hanno capito meglio. Si tratta di campagna elettorale. Di! segnalare, in tema di campagna elettorale, che alcuni iscritti al PCI - seguen• do le indicazioni dei loro diri: genti - hanno « vegliato • tutta la notte. Vegliato per ottenere il primo posto nella lista elettorale. Ma molti altri iscritti al PCI considerano più importante impedire un comizio fascista che non essere i primi di lista. La patriadel col. Restivo Domenica anche Resti_vo, nuovo ministro de.Ila difesa, ha fatto il suo bra\·o di.scorso da "colonnello''. Lo è andato a fare alle reclute del CAR di Trapani. insieme al suo amico Francesco :uereu; quello che ha· riempito le· caserme di fascisti p~r fare i manometri-spia, cioè per controllare e denunciare queilo che leggono e dicono . e fanno i proletari in dh·isa. Restivo è andato a insegnare alle rccfilte come si difendono ~li "irrinunci-:ibili \"alori della patria", quelli che hù ha difeso così bene ad Avola a Battipaglia e in altri luoghi ~h.e i proletari non dimenticano. ;\la Resti\'O e i suoi colle. ghi colonnelli del go\"erno Andreotti non tro\"eranno. oltre a poliziofti, carabinieri e fascisti, un esercito pronto a difenderli. Perché l'esercito italiano è fatto di gente che ha capito da che cosa ci si de,·e difendere. la prima volta che in caserma ha Yisto come si comportano gli ufficiali. cioè la patria. Supplemen~o QUOtidiano a -lo:ta Continua~ - Peg,,:raz del Tribunale di TornlO n 2012 1f~ti,~'t~~· -A~. o~!,fu'.e: -M~~~

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