Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

La fioraia è disposta piuttosto a identificare «l'autore» con il signor Kralowsky (un nome che ritma con intonazione umoristica l'intero episodio), cioè con il proprietario di una popolarissima biblioteca circolante della Berlino contemporanea. L'incontro - che coincide anche con l'unico momento del racconto in cui, in una sequenza retrospettiva, il cugino abbandona il suo ritiro-diventa così una sorta di abbagliante rivelazione dell'abisso incolmabile che separa creazione da fruizione artistica nella prosa della quotidianità, una chiara intuizione dell'ormai irreparabile «perdita dell'aura» cui è destinata la Poesia («l'alta cultura dello spirito») nel momento in cui «scende», «si cala» a contatto con la realtà. Al termine di quella conversazione non resta allo sbigottito scrittore che riguadagnare «come una freccia» la sua postazione. Il narratore è invece creatura della strada e della folla, un contemporaneo totalmente esposto alla vertigine che connota l'esperienza urbana moderna rendendone così arduo il dominio estetico. Ai suoi occhi Tutto il mercato pareva un'unica massa compatta di gente: avresti detto che una mela gettata dalla finestra non sarebbe riuscita a toccar terra. Tutti i colori possibili e immaginabili scintillavano nel sole come minutissime macchioline. A me fece l'effetto di un immenso campo di tulipani mossi dal vento. Un colpo d'occhio davvero pittoresco, dovetti ammetterlo, ma alla lunga stancante. A un individuo eccitabile avrebbe perfino potuto dare un lieve senso di capogiro, abbastanza simile a quei non sgradevoli deliri del primo dormiveglia. [1016] La scena è per lui un magma confuso e indecifrabile di cui tuttavia egli avverte l'irresistibile fascinazione; ma ciò che più colpisce nella sua descrizione è l'assoluta predominanza della percezione visiva31 unita allo sforzo di 240

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