Scrivere, copiare Hobby, pubblicato nel 1969 dal cecoslovacco Jifi Fried, si conclude sotto il segno dell'invidia. «Con tristezza invidiavo quel vecchio», spiega il narratore. Il vecchio è il protagonista del racconto: un uomo che ha dedicato la sua vita all'esercizio di una vocazione. Hobby ripercorre questa vocazione e i suoi piaceri. In che modo cominciò il copista a copiare? «All'inizio fu solo un fremito, un semplice tocco»: la vocazione - scrive Jifi Fried - nasce da una piccola causa che provoca un effetto inaspettato. «E fu piuttosto sgradevole, come il palmo di una mano che di punto in bianco vi tocchi il sesso». (Ritroviamo lo stesso brivido, la stessa sproporzione tra la causa e l'effetto, in Edward M. Forster, quando racconta di aver scritto Maurice di slancio, dopo che un amico, del tutto inaspettatamente, gli aveva allungato una mano sul sedere.) Lo sgradevole fremito da cui tutto prende il via è provocato dagli svolazzi in calce alle pratiche che l'usciere ammucchia ogni giorno sulla scrivania. Il futuro copista si accorge con sgomento che la sua firma sfigura di fronte a quelle dei colleghi: firme che «sembravano nascondere qualità strane e forse elevate». Così prende a imitarle. Ogni volta che afferra la penna, prova «allettamento e tentazione». Ma quando si tratta di risalire dagli effetti alle cause, imbocca una falsa pista. Ha imitato le firme altrui per dare personalità alla sua, per conquistarsi una forma capace di rimandare a «qualità elevate», o perlomeno di simularle. Proprio questo gli impedisce di riconoscere subito che quell'allettamento e quella tentazione provengono non dal risultato ma dal puro e semplice piacere dell'esecuzione. Il nostro eroe sta per perdere l'occasione della sua felicità, diventando invece che un copista uno scrittore. Ed è solo grazie a un incidente che ritrova la sua strada. Inna221
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