dei suoi amici. Anche qui, Douglas Coupland ricostruisce un'enciclopedia di abitudini e atteggiamenti, di pensieri e di manie. E come in Generation X, questo stile di vita contemporaneo si impone con la forza di un sistema di credenze già perfettamente stabilizzato, come se avesse alle spalle una lunga tradizione. Nel grande disordine novecentesco, Douglas Coupland si ritaglia ogni volta un angolino piccolissimo. E ogni volta con la sua scrittura riesce a trasfigurarlo in un mito. Resta la curiosità di confrontare tra loro i due orizzonti mitici, quello di chi ha trent'anni e quello di chi ne ha venti. I primi sono i figli del Baby Boom e hanno famiglie numerose. Le loro mamme adoravano le vaschette di plastica usa e getta (un minuto di tempo risparmiato, migliaia di anni in una discarica) mentre i padri facevano annusare ai bambini la benzina dicendo «Senti, questo è l'odore del futuro». Il mondo dei ventenni è invece una società matrilineare: «Fatherless again» constata Tyler all'inizio del romanzo. E nessuno dei suoi amici vive con il padre biologico. Il nucleare è ancora di scena, ma non più come incubo generatore di storie: è la fabbrica in cui lavorano quasi tutti gli abitanti di Lancaster, la piccola città di Tyler. L'altro polo di attrazione è il centro commerciale, luogo fisico e mentale a cui Tyler fa riferimento per spiegare, ad esempio, l'incontro con la sua ragazza Anne-Louise: fu come trovare, dimenticata sul pavimento di un centro commerciale, la lista della spesa di qualcun altro, e scoprire che esistono diete molto più interessanti della vostra. Per la prima volta, sentii che mi mancava qualcosa. Addomesticati gli incubi della generazione precedente, Tyler deve vedersela con i suoi problemi. Primo: il timore di diventare povero, perché i poveri fumano, mangiano cibi disgustosi e vivono in case senza alberi. Secondo: una 209
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