Il piccolo Hans - anno XXI - n. 82 - estate 1994

ti, all'approssimarsi del nuovo spettacolo - l'incoronazione di Maria - che Beatrice preannunzia a Dante; e anche qui sono immagini tratte da una natura festante nella benedizione di Dio: «Perché la faccia mia sì t'innamora, che tu non ti rivolgi al bel giardino che sotto i raggi di Cristo s'infiora? Quivi è la rosa in che il verbo divino carne si fece; quivi son li gigli al cui odor si prese il buon cammino». Così Beatrice; e io, che a' suoi consigli tutto era pronto, ancora mi rendei a la battaglia de' debiti cigli. Come a raggio di sol che puro mei per fratta nube già prato di fiori vider, coverti d'ombra, li occhi miei, vid'io così più turbe di splendori, folgorate di su da raggi ardenti, sanza veder principio di fulgori. Proprio come in un rosone di cattedrale. Ma questa volta, invece che al rosone di Chartres in cui è rappresentata la glorificazione di Cristo e nella luminosa policromia prevalgono i grumi corruschi del granato e il sangue -del rubino, io penso al rosone che gli fa riscontro, offerto in dono da san Luigi e da sua madre Bianca di Castiglia, nel quale troneggia al centro la Vergine tra un prevalere dell'azzurro sugli altri toni. Si direbbe che alla generosa profession di fede che Dante fa a questo punto, dichiarando con una semplicità di fanciullo che ogni mattina e ogni sera egli invoca il nome di Maria, questa risponda con un'ispirazione che è tra le più luminose e le più musicali del poema: Il nome del bel fior ch'io sempre invoco 153

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