Il piccolo Hans - anno XX - n. 79/80 - aut./inv. 1993-1994

calmo e inanimato, calmo come avevo deciso di farla diventare e come in realtà stava diventando. Nel giro di pochi minuti dall'ultimo sedativo la professoressa ha smesso di colpo di vibrare (era come se avesse disinserito il motorino) e ha iniziato ad ansimare, moderatamente prima, poi via via più violentemente fino quasi a schiattare, come un mantice che corresse imbizzarrito lungo una scala di respiri. Il suo corpo emetteva odori di sfinimento e crollo di tensione. -Che cazzo le hai dato? Qua c'è il rischio che ci collassi! -Tu pensa a guidare-gli ho risposto e, rivolgendomi a lei-Eva, Eva, dài. Allora, Eva. All'altezza dell'ultimo cavalcavia mi è parso che l'affanno fosse diminuito, ho visto la bocca meno spalancata muoversi più morbidamente intorno all'apertura e ho ripreso a sperare. Dal buco nero usciva ogni tanto la lingua e un respiro effettivamente regolare. Ci si sarebbe potuto aspettare addirittura una parola. L'abitacolo era invaso dall'euforia del sollievo. -Dicci una parola Eva-le ha suggerito l'autista, sorridendole nello specchietto, e poi ha aggiunto-hai la coscienza sporca, eh? Ma Eva dormiva. Esaurita la scarica a suon di iniezioni tutto in lei era precipitato nel sonno. La parte alta delle sue preghiere, quella dell'immobilità e del silenzio, come un miraggio si era spenta; ora si sarebbe riaperto il culto dei santini e delle madonne colorate: liturgia certo, ma più alla nostra portata, come quella del perdono e dei sensi di colpa. -Hai la coscienza sporca, eh? Eva-ha insistito l'autista. Io credo di avergli risposto di smetterla e di lasciarla in pace, che era un miracolo se non le era venuto un collasso, che se ci rimaneva in auto per noi due i guai non sarebbero più finiti, che la professoressa ci aveva aiutati e 223

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