quei pochi segni possano trattenerlo lì sul foglio. Quei pochi tratti hanno delineato un volto che contiene «quel non so che» che lo fa essere il ritratto di quel preciso volto e di nessun altro. Ma perché tanta sorpresa? Bene, una volta ho provato a fare dei conti: in questo momento esistono sulla terra circa sei miliardi di volti differenti dal mio personaggio. A questi sei miliardi vanno aggiunti i loro progenitori, cui si sommano tutti i volti che sono stati dipinti, scolpiti o disegnati, aggiungendo che se noi mettessimo in mano una matita a ciascuno dei sei miliardi di abitanti del nostro pianeta, essi potrebbero disegnare un numero indeterminato di nuovi volti. E il mio disegnino, fatto di quattro tratti, è sempre lì sul foglio, unico nel definire quel volto tra miliardi di miliardi. Immagino allora di essere davanti a uno specchio e di vedervi riflessa, al posto della mia faccia, una moltitudine composta di miliardi di miliardi di volti che mi guardano. Sono i volti delle mie classificazioni possibili, che la mia mente porta sempre con sé. Sono quei miliardi di miliardi di volti che mi servono (come credo servano a voi quando osservate un ritratto) per poter capire e selezionare le parti di quel volto e confermarlo nella sua specificità. Mi si svela allora la grande potenzialità conoscitiva che mi dà in quel momento il disegno, una potenzialità che intuisco sempre più ricca, quasi inesauribile, ma che mi nega gli strumenti per conoscere le sue regole. Questa mancanza di regole (e forse è un bene che sia così) fa sì che probabilmente nessuna opera riuscirà a cogliere in sintesi l'universo di potenzialità delle immagini che si accumulano e si stratificano in noi, dal momento che il mondo delle nostre esperienze, il mondo della «natura delle cose», risponde a leggi, d'ordine e di disordine, diverse da quelle del mondo composto da condensazioni di immagini, di colori, di segni, il quale è sottoposto a regole 206
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