Il piccolo Hans - anno XX - n. 79/80 - aut./inv. 1993-1994

cosiddetto stato di veglia. Non essendoci noti infatti i procedimenti con i quali selezioniamo alcune immagini, proprio quelle e non altre, tra migliaia di possibilità, noi passiamo le nostre giornate accumulando forme e figure anche se non ne abbiamo né l'intenzione né la coscienza (per questo ho parlato di quotidiana condizione di sogno) e senza coglierne il significato, come se continuamente accettassimo l'offerta di portate di cui non sappiamo né saggiare il sapore né, tanto meno, prevedere la digeribilità. L'uso che facciamo di queste forme e figure è del tutto imprevedibile: le possiamo amare o odiare, ci possono venire in aiuto o crearci ostacoli insormontabili, possiamo subirle o destreggiarci con esse (non mi sto riferendo solo agli artisti, ma a tutti). Indubbiamente quindi tutti noi, compreso me naturalmente, conserviamo grandi depositi di figure. A questo punto vorrei riferire circa una mia esperienza personale. Come qualcuno di voi saprà, oltre ai disegni di cui avete visto qualche esempio in diapositiva, io faccio anche ritratti, molti ritratti per giornali o libri. Ebbene, per poter fare questo lavoro ho scoperto di avere probabilmente nella mia testa un classificatore che riesce a selezionare almeno alcuni miliardi di miliardi di volti. Cerco di spiegarmi raccontando brevemente come procedo. Prendo tutte le foto che ho di un dato personaggio, le dispongo sul tavolo e comincio ad esaminarle una per una e tutte assieme, comparandole. Cerco qualcosa che non so che cosa sia, né dove sia, ma che so che c'è. Cerco un centro, un punto che appaia come un bersaglio sul quale prendere la mira. Naturalmente la mia freccia è la matita, quindi provo a disegnare, inizialmente solo qualche schizzo. Ogni tanto (non sempre, davvero) succede qualcosa che appare immancabilmente straordinario e inspiegabile. Poche tracce di matita hanno colto quel centro e l'ho afferrato senza sapere come ho fatto né in che modo 205

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