Il piccolo Hans - anno XX - n. 77 - primavera 1993

Non solo: egli ha scritto parole che fanno resistenza all'interno di un discorso di connivenza, ritenendo evidentemente strumentale alla complessiva impresa di appropriazione un resoconto della distruzione del capo Algonquin. Nella Generai History da cui ho tratto il passo che stiamo analizzando, questo brano segue la descrizione elaborata di un rituale indiano che viene trattato come un masque inglese e si conclude con due righe tratte da una traduzione popolare di Omero. Smith promuove la causa della civiltà occidentale su tutti i fronti e a quel livello intende misurare, con il fiasco dell'incoronazione, la condizione di selvaggio di Powhatan. Tuttavia mentre misura la condizione del selvaggio, segna anche il limite della civiltà. Descritta con dettagli fisici, l'incoronazione appare una cerimonia arbitraria che Smith decostruisce con il suo resoconto letterale in semplice vernacolo. Intendo dire che questo disfare non è una decostruzione generica nei confronti del linguaggio e perciò trans-storica, ma al contrario l'autentica manifestazione della storia specifica dell'impero europeo, una storia la cui ricostruzione è stata in alcune aree particolarmente difficile. Il punto cruciale della difficoltà nello scrivere la storia della colonizzazione, è stato il renderla storica, intendo, per storica, non inevitabile. La conquista globale da parte dell'Europa naturalmente non era inevitabile, niente nella Storia lo è; ma poiché essa è accaduta, a causa di questo accadere, ha cooptato la Storia. Nella nostra epoca anticolonialismo significa restituire il libero gioco della Storia. È difficile credere che questo sia un obiettivo disinteressato, in quanto ci troviamo al crepuscolo dell'impero e del millennio, con il compito urgente di stabilire che l'egemonia globale della civiltà europea non è parte della natura delle cose; che qualsiasi cosa mezzo millennio di dominio occidentale abbia portato, questo non fu la Natura e il Dio della Natura, come i fondatori degli Stati Uniti pretendevano (e ancora pretendono); che l'ordine civico può esistere sotto auspici assai diversi. 213

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