è inevitabile. Sopportateli, non metteteli in imbarazzo affermando che scrivere è semplicemente mettere nero su bianco e che voi siete degli scrittori, non dei grandi criminali o delle ballerine - le sole creature votate, per loro stessa costituzione, al genere autobiografico. (Uno scrittore, cioè nessuno, come il Ciclope, testa di cazzo: per scrivere bisogna non aver vissuto.) In ogni caso, scrivendo, mentite sempre. Vostro malgrado, siete degli impostori. In realtà (che terribile espressione!) siete degli ignoranti, quando scrivete non sapete mai esattamente quello che succederà, anche quando vi sembra di avere impostato bene il problema e di conoscere il vostro «soggetto». È il problema principale del personaggio. Ed è inevitabile, dal momento che assecondare il linguaggio comporta la dislocazione di tutto l'universo, compreso voi stessi, la storia, il pianeta e la vostra presunta verità. Ma come? La stessa forma di un racconto, la forma del post hoc propter hoc, ha finito per dare un senso ai tratti e alle azioni di un «vero» personaggio - e forse di riflesso all'autore vero! Balle, retorica. Il personaggio ha molti sensi, soprattutto non è «vero» e non c'è nessun autore che vi si possa riflettere, se non Narciso. O forse il dio Thot in persona, che insegnò la scrittura e creò gli scribi con la testa rasata. O, che so, Kung Tse, come si chiamava il mitico inventore cinese della scrittura? quello di cui si dice: «Kung Tse piangeva, e a ragione: aveva inventato la scrittura!». E così via, all'infinito, di mito in mito. Non rinchiudetevi in una storia, in un mito. La storia vi ucciderà, il mito vi stregherà. Scrivere significa mettere nero su bianco. E, per quanto vi riguarda, sono solo inchiostri che sbiadiscono col tempo. Il libro stampato? Sput! Che i lettori si divertano e soprattutto non si annoino, si mettano in sintonia con una passione e - come ha scritto l'ultimo editore «vero», Va201
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