diede da fare. Intanto nel mondo continuavano a morire. Ad avere fame. Una coltre di oblio scendeva sulle membra, un sonno pesante di ogni momento, si sarebbe ribellato. Forse ucciso per amore. La giovinezza era trascorsa. Confusa nei desideri e nei rinvii. C'è tempo, c'è tempo... Un gabbiano si levò sulle onde, una parvenza di luce. Impossibile riassumere in sé l'accumulo di sentimenti che abbiamo provocato negli altri. "Buongiorno uccellini". Risposero a loro modo. E. era contento. Comunicare era la cosa più facile del mondo. Le difficoltà erano finite. Si guardò intorno. Il campo si trasformava. Aveva l'impressione dell'assoluta immobilità e della mutazione. Anche l'alto e il basso avevano poco senso. Aveva in sé i movimenti del sogno e la chiarezza della visione oggettiva. Persone conosciute e sconosciute si producevano in una danza lievissima, oscillare di volti e di mani carezzevoli e rassicuranti. Il volto di E. era quello di un bambino. Si specchiò nel cielo e l'immagine variava. Comparvero i fiori, espressioni di amici o semplicemente luce. Cercò di distinguere secondo un ragionamento di altra misura. Non fu più capace. Un taglio netto si era prodotto. Capì di essersi creato un mondo diverso o che il mondo lo aveva fatto diverso. Ernesto Treccani 235
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