Il piccolo Hans - anno XIX - n. 75/76 - aut./inv. 1992-1993

"Una spilla doppia per tenere fermo il foulard", il volto ironico di Giovanni. E. avrebbe voluto sprofondare. Quei denti in fuori, così magrolino, l'ombra di un giovanotto. "Ma non pianga, cosa le prende?" Il Professore guardava benevolo "ventiquattro, si accomodi." Tirò fuori dal portamonete la fotografia. Guardò a lungo l'immagine finché gli parve sorridesse. La ripose con cura, furtivo. Ora il sole riscaldava. Attirò a sé il corpo che gli consentiva di vivere. Si girò da una parte e dall'altra. I fiori e le erbe formavano un tappeto uniforme. Vi erano fiori più alti e gli alberi che non toccavano fine. Una volta il suo maestro Funi gli aveva indicato un filo d'erba illuminato dal sole, un momento poi scomparve. Quale astrazione l'individuo, pensò. Per chi era quel corpo che lo riscaldava? Ebbe un sussulto. Vecchi rancori si attorcigliavano alle membra intorpidite. "Tu, tu, tu... lo, io, io..." ridicole affermazioni di prestigio, manichini dai colori stridenti. Il cielo si oscurò. E. nuovamente fiore nell'immensa pace delle similitudini. Le ombre non erano uniformi. Tessevano sul campo pezzature diverse, solcate da segni bizzarri. Anche quando dipingeva E. tracciava senza volere righe stravaganti con l'intenzione di imitare. Vana fatica. Il modello fuggiva, sola realtà a sopravvivere quell'arabesco colorato. Tese una mano. Rispose una carezza. Allora non era solo. D'ora in avanti tutto sarebbe diventato più facile. Bastava comportarsi con naturalezza, senza diffidenza. Gli altri erano uguali, solo un poco migliori. A questo punto E. volle capire di più, fece uno sforzo che non ebbe risultato. Anzi dovette piegare lo stelo e non muoversi. Passò molto tempo. Non seppe mai quanto. La situazione era precaria. Non la sua personale che ormai poteva dirsi stabilizzata. Echi lontani, rumori di guerra. I colpi giungevano attutiti o non si udivano con le orecchie. Rimbombavano dentro. Quando gli comunicarono che il ragazzo si era ucciso annuì, si 234

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