Il piccolo Hans - anno XIX - n. 73 - primavera 1992

fetto, e tuttavia dimostrando in modo evidente che ci sono in noi dei principi, come ho detto, di quella facoltà 10. A prestar fede ai grandi trattati della retorica antica latina, quelli di Cicerone e di Quintiliano, la cui lezione ha impregnato tutta la cultura profana e giudaico-cristiana in Europa11 , e fino ai giorni nostri (Flaubert leggeva assiduamente Quintiliano), non esisterebbe affatto una parola neutra, mentre anche il ricorso all'oggettività rimane l'espressione di una parte in causa. Qualche anno faJ.F. Lyotard ci ha messo in guardia contro il terrore teoretico che ci assale attualmente. Il desiderio del vero - dice -, che in tutti alimenta il terrorismo, è iscritto nel nostro uso più incontrollato del linguaggio, al punto che ogni discorso sembra come dispiegare naturalmente la sua pretesa di dire il vero, con una sorta di irrefrenabile volgarità. Ora è venuto il momento di porre rimedio a questa volgarità, di introdurre nel discorso ideologico o filosofico la stessa raffinatezza, la stessa forza di leggerezza impiegate nelle opere di pittura, di musica, di cinema cosiddetto sperimentale, e anche, chiaramente, in quelle scientifiche. Non è affatto necessario inventare una o due nuove teorie, e nemmeno delle interpretazioni; quello che ci manca è una diavoleria o un'apatia tale che il genere teorico in sé subisca dei sommovimenti dai quali non possa più risollevarsi presuntuosamente; che torni, semplicemente, ad essere un genere, e che sia scalzato dalla posizione di signore o di dominatore che occupa almeno dall'epoca di Platone; che il vero divenga una questione di stile12 . Fatte le debite proporzioni, non sarà inutile produrre qualche interferenza fra l'antico e il nuovo. Anche Quin232

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