tecnica narrativa attinge massicciamente ai canoni del fumetto o del film-libro (con fotogrammi accompagnati da didascalie per pagina). Rinunciando ad ogni parola (tranne a quella direttamente fotografata) al fine di riprodurre una fiction in forza delle sole immagini, impedendosi soltanto ciò che ne contrasta la sovradeterminazione reciproca, Droit de regards obbliga a una decrittazione che si aggancia alle virtualità narrative di serie d'immagini così come ai mutamenti delle foto a contatto con il romanzo. In una lettura ravvicinata del1'opera, Jacques Derrida evoca «l'invenzione di un genere». È di questo genere e di alcuni aspetti (narrativi) della sua invenzione che tratteremo nelle pagine che seguono. Ma facciamo un passo indietro. Perché vi sia narrazione, è rigorosamente necessario che degli elementi si raggruppino in una serie referenzialmente omogenea, in breve, in una sequenza3 • Così come è necessario che, a causa della sua coesione spazio-temporale interna, la sequenza s'istituisca, negativamente, potremmo dire, per il taglio che la distacca dalle sequenze che la circondano (e Droit de regards fa proliferare gli emblemi di tali rotture: vetri rotti, liti, brusche partenze...). A questo livello, s'impone una distinzione fra due tipi di iato, o piuttosto fra due tipi di rapporto fra sequenza e iato. Nella narrazione tradizionalmente intesa, le interruzioni, gli spazi bianchi, sono destinati a perfezionare l'integrazione delle parti al tutto, sia nel caso in cui l'azione degli spazi bianchi alleggerisca il racconto di ciò che lo renderebbe eccessivamente lungo o rischierebbe di intaccarne l'unità organica, sia nel caso in cui le soluzioni di continuità, messe al servizio di un progetto di montaggio, rafforzino i legami fra elementi dissimili, al fine di creare un'unità di livello superiore. Nel primo caso, lo spazio bianco occupa il posto del non detto; nel secondo caso, cementa 212
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