Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 72 - inverno 1991-1992

diato, originario o assoluto, per quanto irriducibile esso sia ai puri termini del discorso umano, quello che si impone è una filosofia che può essere solo un'ermeneutica, cioè una filosofia dell'interpretazione. In questo senso la testimonianza dona qualche cosa da interpretare, una immediatezza più o meno originaria. Da questo momento in poi, come scrive ancora Paul Ricoeur, l'interpretazione non sarà che «l'interminable médiation de cette immédiaté»34 . Quello che mi preme ricordare a conclusione di questo rapido excursus, è che «ermeneutica della testimonianza» non significa semplicemente raccogliere informazioni sul tema della testimonianza, o tentare nuove spiegazioni, una nuova definizione di questo concetto, ma si pone al contrario a sua volta come una testimonianza. Una testimonianza non può semplicemente essere riportata, o raccontata da un altro: il ruolo del testimone non è sostituibile o intercambiabile. In questo modo diventa possibile riproporre in termini nuovi il problema della verità, come del resto avviene anche nel più recente dibattito filosofico, dove è vero che la riaffermazione dei diritti dell'evidenza non elimina le pretese della filosofia del «sospetto», ma dove è anche vero che le proposte di prendere congedo dall'evidenza non si risolvono semplicemente nel tentativo di promuovere una presa di congedo dalla verità35 • Massimo Lollini 205

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