Tutti questi gesti ossessivi comportavano in comune: 1) un contatto, sortilegio che permetteva di infrangere un divieto (=l'onanismo, in quanto succedaneo del rapporto sessuale); 2) un rituale, sortilegio inverso, congiura destinata a prevenire le sequele del toccamento (=la castrazione e la malattia consecutive all'onanismo). È curioso che le sue ultimemanifestazioni ossessive siano consistite nella negazione costante di quel che lui aveva appena detto (voglio, non voglio; la tavola, non la tavola ecc.). Apparentemente è l'ultimo grado della semplificazione: l'ambivalenza stessa. Qualche giorno prima della fine dellacura, cioèprimadella sua partenza per la campagna, gli chiesi come mai aggiungeva ad ogni parola questa negazione: «supponiamo - mi rispose - che mamma abbia dimenticato di versarmi del tè: allora le chiedo mamma, dammi del tè, e poi aggiungo: non darmi del tè. Allora tutto avviene come se non avessi detto niente, e mamma d'altra parte sa benissimo da sola quando bisogna darmi del tè». Non è questa una eloquente illustrazione della psicologia del suo comportamento ossessivo? La sera della sua partenza, dopo addii estremamente toccanti, gli chiesi di promettermi di vestirsi da solo in campagna, e di toccare tutto da solo. Non mi promise niente - per questo piccolo uomo d'onore una promessa sarebbe stata l'equivalente di un giuramento solenne - e mi disse semplicemente che avrebbe fatto del suo meglio per fare quello che io gli chiedevo. I miei sforzi furono coronati da un pieno successo, a quanto mi disse la madre, che venne a farmi visita qualche settimana dopo. Aggiunse che io esercitavo sul ragazzo un'autorità senza limiti: evocando il mio nome, lei poteva ottenere tutto da lui; io ho attribuito questo successo alla fortuna che ho avuto di poter decifrare il suo sistema, in maniera tale da non fargli mai provare un senso di vergogna. Il mio malato si sentiva molto bene, a dire di sua madre. Del male di cui aveva sofferto non restava242
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