dei sacrifici: gli spiegai che aveva, a propriamente parlare, due malattie: una vera, che bisognava curare, ed un 'altra apparente, che risultava dalla indulgenza inesauribile dei suoi genitori verso i capricci del loro ragazzino malato per la paura di vederlo piangere o perdere la conoscenza. Nel loro desiderio di prevenire la comparsa di questi episodi, si erano messi a soddisfare le sue pretese, anche quelle meno ragionevoli. Questo gli è nocivo, - dissi - perché così egli si abitua a trarre beneficio dalla sua malattia e dall'idea di occupare una posizione privilegiata. Quel che c'è di pericoloso in questa seconda malattia -la falsa malattia - è che essa gli impedisce di liberarsi della prima malattia, dalla quale il malato non riuscirà mai a uscire se non rinunzia ai vantaggi ed ai privilegi che essa gli procura. I piaceri procurati sono moltomaggiori se si traggonodalla salute e non dalla malattia; quei piaceri saranno infinitamente superiori a questa miserabile soddisfazione che bisogna pagare con tante sofferenze. Questo ragazzino intelligente mi ha compreso e mi ha creduto. Gli ho detto allora che la cosa migliore che potesse fare era andare subito, adesso, dalla mamma - lei aspettava nella stanza accanto - e chiederle di non cedere più ai suoi capricci anche se questo suo rifiuto dovesse fargli perdere la conoscenza, e cioè farlo arrabbiare. «Facendo così, tu rinunzierai ai privilegi della malattia. » Niente fu più commovente che assistere alla lotta che combattè contro se stesso: alla fine si decise. Poco dopo le crisi di perdita della coscienza sono scomparse. Per metter fine al suo duetto ossessivo con la mamma, ho proceduto nello stesso modo: nei primi tempi della malattiaegli l'aveva costretta soltanto occasionalmente a partecipare al suo rituale ossessivo, mentre poi questo avveniva con frequenza sempre maggiore. Poco prima della fine della cura, ho proibito senza ambagi alla madre di cedere al figlio su questo punto; a lui 233
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