tario. Durante queste sei settimane non ho potuto ascoltare che un piccolo numero di racconti di sogni coerenti, che in altri casi sono moneta corrente. Bisogna dire che all'inizio tutti i miei sforzi convergevano verso un fine unico: venire a capo del carattere difficile di questo ragazzino straordinariamente chiuso e capire la sua inibizione intellettuale; bisognava stabilire il contatto, in qualsiasi modo fosse. Così la mia azione diventò mezza analitica e mezza educativa: quest'ultima in verità ispirata ad una posizione analitica. Quello che nel suo comportamento ossessivo mi colpì, fin dall'inizio, furono questi due dettagli: il primo - e Dio solo sa perché questo lo irritava al più alto grado - era che se si mettevano due oggetti uno sull'altro, e se si doveva spostare qualche cosa da un posto all'altro, era assolutamente indispensabile, per qualche oscura ragione, che lo spazio che si trovava davanti all'oggetto da spostare fosse completamente liberato da ogni altro oggetto. Il secondo era che tutto quello che gli toccava prendere inmano doveva immediatamente essere preso con tutte e due le mani; se per avventura veniva preso con una mano sola, bisognava mettere in opera tutto un rituale per riparare a questo gesto. Lo invitai a dirmi tutto quello che gli passava per la mente a questo proposito; gli domandai anche se sapeva come gli fossero venuti in mente questi bizzarri fenomeni ossessivi. Mi rispose che una volta, prima della malattia, gli venne l'idea di arrampicarsi attraverso la finestra su di una vetrata che faceva il giro della casa; la nutrice della sorella (sorella minore di quattro anni) gli aveva detto che era proibito, e che se lo faceva Iddio lo avrebbe punito, e lui avrebbe smesso di crescere. Lo fece lo stesso. «Ma che rapporto c'è fra questo e gli spostamenti degli oggetti sopra un ostacolo da superare?» «Se si fa così, l'oggetto non cresce più, e la mano che lo ha fatto si accorcia. Ecco perché è indispensabile ri226
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