te dalla stessa parte nemica - questa affinità può aver generato quel particolare clima impetuoso della terapia, producendo fin dall'inizio nella Sokolnicka solidarietà e particolare protezione. Quando la Sokolnicka fa questo trattamento è già sposata da molti anni - ne ha quasi 34 -, non ha fatto l'esperienza della maternità, ed il ragazzino di Minsk potrebbe essere suo figlio: gli rivolge cure materne, superando la madre in capacità di holding, come se volesse mostrare di essere «una madre migliore di lei». Questo non toglie niente a quel tipo di ascolto che dal suo resoconto si deduce esserci stato: un ascolto attento, continuo, che le permette di descrivere i rituali del bambino in tutte le sequenze presentate, guidata da un intuito fine, che la spinge verso il «segreto» e che, una volta che esso sarà svelato, le permetterà di sciogliere la matassa ossessivo-compulsiva, e di conoscerne i rapporti, i possibili significati e le loro conseguenze nella vita emotiva del bambino, addentrandosi nelle trame più nascoste della conflittualità interna. La Sokolnicka ci racconta di aver fatto tutti i suoi sforzi per entrare in contatto affettivo col ragazzino, e di esserci riuscita pienamente: ritiene di essere arrivata ad ottenere un intenso transfert positivo per poter lavorare con lui, nel modo tanto predicato da Anna Freud. Ma queste parole - «contatto affettivo» -, da lei usate, ci suonano oggi come rivelatrici di una qualità empatica particolare, generatrice di un controtransfert sublimato, oppure sono rivelatrici di una tendenza all'agire? A questo proposito, va ricordato che la Sokolnicka era stata allieva di Ferenczi, ma anche che recentemente Kohut afferma l'importanza dell'empatia nella relazione analitica. Riflettendo su tutti gli strumenti usati dalla Sokolnicka in questo trattamento, ipotizziamo che ci s'ia stato un suo intenso coinvolgimento emotivo, più che una risposta diretta al transfert del paziente. Trattandosi di una analisi infantile, va tenuto conto di quella qualità del controtransfert che Florence Begoin ha definito «controtransfert a tre generazioni»: vale a dire che l'analista si trova ad essere in relazione non soltanto con il bambino ed i suoi oggetti interni, ma anche con i suoi genitori reali, e con i loro oggetti interni, poiché, in questa situazione, viene sentito anche il transfert dei genitori del bambino verso l'analista, che deve a sua volta provare empatia anche 221
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