Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 71 - autunno 1991

che in una maniera o in un'altrt:i possono fare il salto nel corpo attraverso la conversione, che arrivano a rifiutare completamente ogni ombra di auto-accusa; è come se il fatto di rendere il proprio corpo responsabile - la responsabilità fisica - le dispensasse dal sentire la responsabilità psichica». Essa si chiede anche fino a quale grado lo psichismo influenzi i disturbi ritenuti propriamente organici: le sembra che gran parte di tale influenza dovesse ancora esser studiata, e che i medici la conoscessero assai poco. Nel suo ambiente era risaputo come non accettasse facilmente pareri contrari al suo, ma come si inchinasse davanti ad un'evidenza clinica. Privilegiava le terapie lunghe, ma praticava anche terapie di breve durata - influenzata in questo da Ferenczi - quando non era possibile fare diversamente, ottenendo buoni risultati. Ma a poco a poco, ormai da molto tempo separata dal marito, senza figli e senza affetti familiari, resta sempre più isolata nella sua vita privata, ed ha anche sempre meno pazienti. Prende sempre più profondamente coscienza dei lutti che la Germania avrebbe procurato all'Europa, e, non sopportando di continuare a vivere con la tremenda previsione dell'espansione del nazismo, si suicida a soli cinquant'anni, il 19 marzo 1934: altri, in quell'epoca, seguono il suo tragico esempio. Lascia un gran vuoto in quelli che la avevano conosciuta ed apprezzata, come René Laforgue, Eduard Pichon, che ne scrive un lungo e toccante necrologio, e Jacques Rivière, che le fu costantemente vicino. Commento al caso 1) Cosa dice la Sokolnicka: La stessa Sokolnicka sa di non presentare tanto una psicoanalisi in regola - anche per la sua brevità (sei settimane) -, quanto piuttosto un trattamento a metà psicoanalitico e a metà pedagogico - quest'ultimo aspetto giustificato dalla necessità di dare spazio all'instaurarsi di un vero lavoro analitico. Essa ci spiega quanto notevoli siano stati i suoi sforzi 214

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