Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 70 - estate 1991

Rimane da legare un'altra importante reazione emotiva alla perdita di un oggetto, il lutto. Esso avverrà sotto l'influenza del test di realtà. È il soggetto stesso che deve separarsi dall'oggetto, dice Freud, giacché esso non esiste più. E la fatica sarà dura e prolungata in quanto egli dovrà disfare, attraverso il ritiro di ingenti investimenti, tutti i legami che lo univano all'oggetto. La condizione estremamente dolorosa di questo processo trova spiegazione nelle ipotesi elaborate precedentemente. Questa teoria complessiva sugli affetti, sul dolore, l'angoscia, il lutto, può ovviamente essere discussa e contrastata sia dall'esterno, con una critica generale a molti presupposti genetico-evolutivi freudiani (critica portata avanti da molti altri modelli psicoanalitici e no), che dall'interno, in quanto è evidente, in primo luogo allo stesso autore, che lascia molte domande senza risposta. Ciononostante, essa continua ad essere ricca di suggerimenti per l'argomento che cerchiamo di sviluppare. M. Klein (1931), che studiò approfonditamente i disturbi di simbolizzazione («base di tutti i talenti») osservando il gioco dei bambini piccoli, attribuì le difficoltà a giocare e ad imparare alle angosce persecutorie riguardanti le fantasie sessuali relative al rapporto tra i genitori, all'oggetto combinato e alla scena primaria. Così, ad esempio, un disturbo di apprendimento come l'incapacità ad eseguire le comuni operazioni aritmetiche, veniva interpretato come una difesa relativa alle fantasie sul coito dei genitori. H. Segal (1957), fece risalire la non differenziazione tra la cosa simbolizzata e il simbolo ad un disturbo nella relazione tra l'Io e l'oggetto; in conseguenza del conflitto, il simbolo, regredito a equazione-simbolica, verrebbe usato per negare la perdita dell'oggetto piuttosto che per superarla. Tra gli psicoanalisti postkleiniani, W.R. Bion (1962a), nella sua teoria sulla nascita e lo sviluppo del pensiero, 66

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