mula matematica come un oggetto concreto indivisibile, concezione questa che fa pensare al lavoro di H. Segal sul1' equazione simbolica del pensiero psicotico. A volte gli studenti, dopo la spiegazione, dichiarano di aver capito; ben presto ci si rende conto che questa frase significa soltanto: «Per motivi del tutto misteriosi ho capito che non dovevo fare così», ma non corrisponde a una reale comprensione. Possiamo dire che lo studente recepisce la spiegazione ottenuta sotto l'aspetto «morale» piuttosto che «conoscitivo», in quanto sembra considerare la disciplina matematica come un elaborato sistema di regole, staccate le une dalle altre (come un decalogo comportamentale), e non come una metodologia di indagine o una coerente ed utile invenzione, ad esempio come un linguaggio avente significato. I giudizi di «vero» o «falso» basati sul contesto vengono sostituiti da giudizi moralistici o da spiacevoli sensazioni di colpa e di inadeguatezza. Questo comportamento emotivo che impedisce di usufruire delle spiegazioni e delle correzioni richiama alla mente alcune formulazioni della concezione di W. Bion. Gli studenti che fanno gli errori descritti considerano le formule come «cose in sé», separate dal significato da cui provengono. Esse permangono nellamente come «elementi E» a guisa cioè di corpuscoli indigeriti, se vogliamo seguire la metafora alimentare usata spesso dagli insegnanti nei confronti di alcuni studenti che si lamentano di aver molto studiato senza apprezzabili risultati: «Hai studiato tanto ma devi ancora digerire quello che hai studiato!». Durante le correzioni degli errori da parte degli insegnanti, queste formule = elementi E, sembrano arricchirsi di un'ulteriore qualità persecutoria, per cui diventano per lo studente un «oggetto bizzarro»: ciò che era difficilmente comprensibile e oscuro nelle sue motivazioni profonde e perciò preoccupante di per sé, si colora inoltre di spiace56
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