Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 70 - estate 1991

fia, è Jacob Freud, un eroe molto poco eroico, è vero, ma teneramente amato e circondato da un immenso rispetto; venerato ma odiato in quanto ostacolo e rivale: degno dell'affetto più rispettoso, ma indegno anche per tutto ciò che il bambino ha scoperto in lui di debole e deludente. Un eroe amato quanto detestato che comanda segretamente i sentimenti estremi di suo figlio[...] verso tutti gli uomini chiamati in qualche modo a vivere nella sua intimità (Robert, 1981, p. 121). Così anche per Edoardo Weiss non solo il padre Ignazio ha regolato inconsciamente, come principale figura di riferimento, i suoi rapporti con gli altri uomini, e in particolare i rapporti con i suoi due maestri, Sigmund Freud e Paul Federn - ma è stato anche il personaggio chiave della sua nevrosi, che, inducendolo ad accostarsi molto presto alla psicoanalisi, gli avrebbe permesso di scoprire la sua vocazione analitica. Una storia, quella di Weiss, che, avvicinandosi per certi aspetti a quella di Freud, pone un interrogativo: se cioè a causa di quelle connessioni tanto biografico-psicologiche che storico-ambientali, evidenziabili prima di tutto in Freud ma anche in alcuni dei suoi primi seguaci, - e che Freud in una lettera ha sintetizzato come «quel quid misterioso che fa l'ebreo»43 -la psicoanalisi non si configuri decisamente, per lo meno alle origini, come un destino culturale ebraico. Anna Maria Accerboni 201

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