profonda come luogo delle corrispondenze totali (cioè di tutte le equazioni possibili) rappresenta anche, per il poeta, una non piccola parte di desiderio fusionale con l'oggetto materno: prendere il posto del fallo-padre e divenire detentore del potere, della potenza del logos. Toccando solo di sfuggita la semantica delle rime, si può vedere come il fallo-Zogos sia legato al trionfo e alla vita («vivants»; «triomphants»), ma come anche in quell'oggetto ci sia la presenza dell'«enfant», immerso nell'aurea dell'incenso materno («enfant»: «encens»: «correspondances»). C'è quindi una straordinaria oscillazione d'identità tra polo paterno strutturante e polo materno, contenente e generativo, ma anche «drogante», «intossicante» («lunghi echi che si confondono»): così l'unità tenebrosa (matrix, luogo originario) è però anche vasta e chiara (spazio, sole, pater). Stupefacente teatro della mente quello che il poeta rappresenta verbalmente: dove non ci sono solo la natura, la foresta, il tempio, le colonne, i simboli, gli occhi, la luce, la tenebra, i suoni, i colori e gli odori, ma anche una vagina e un pene parlante, il corpo materno e il corpo del figlio come eco sonora confusiva e nube sinestetica dell'inconsapevolezza, il padre e la madre accoppiati e fusi, le deità ambivalenti del tempio sacro, il bambino che guarda ed è guardato. Questa animazione interiore, questo poli-logos relativo alle «figure sul teatro del mondo ammascherate» (Campanella), questa altra scena popolosa e sinestetica, culminante poi in una scena primaria che è fonte del geroglifico poetico, costituiscono quella «voluminosità» propria alla nozione di «mondo inter�o» (e si ricordi bene che le ultime -righe lasciateci da Freud parlano appunto dell'«innere Welt»). Pochi versi bastano a Baudelaire per configurare il recupero (la religio nell'urna del testo) di una fantasia complessa attinente gli oggetti primari colti nella più primaria delle situazioni: «Edificedans l'ame», veramente, quello del poeta che, lavorando sugli assi cartesiani bi170
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