Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 70 - estate 1991

(e in studi posteriori), lo stesso Jakobson era stato estremamente categorico: il principio di equivalenza non si limita a postulare una sorta di simmetria generalizzata a livello delle forme, ma insiste proprio sugli effetti di senso che ne derivano. Egli afferma con forza, ad esempio, che l'equivalenza ritmica introduce una equivalenza semantica e che «l'equivalenza del suono implica inevitabilmente l'equivalenza semantica»3 • Come ha detto benissimo Serpieri: il principio d'equivalenza «comporta la piena semantizzazione di ogni livello del testo: fonico, ritmico, metrico, sintattico»4 • Sottolineando che caratteristiche formali equivalenti creano equazioni di senso, Jakobson suggerisce che nel discorso poetico la simmetria ovvero la relazione equazionale non opera solo a livello di forma dell'espressione ma anche a livello di forma del contenuto. La struttura equazionale della semantica poetica pare davvero la chiave di volta per gettare un ponte di raccordo fra semiologia del poetico e semiologia psicoanalitica. S'impone qui, allora, una lunga deviazione onde poter elucidare il significato attribuito dal pensiero psicoanalitico ai concetti di equivalenza e di equazione. Poiché abbiamo avuto modo di accennare più volte a questa nozione5 , vorremmo soffermarci più distesamente su quella «paleo-logica» di cui si è a lungo occupato lo psicoanalista freudiano Silvano Arieti sin dalla fine degli anni Quaranta6 • Egli parte dalla sua esperienza clinica e più specificamente dallo studio del «pensiero concreto» degli schizofrenici (ma non diversamente funziona la psiche dell'infante o il processo del sogno). Una giovane donna dai capelli rossi presentò un giorno un'infezione alla falange terminale d'un dito: «Questo dito sono io», ripeteva, ed anche, sempre riferendosi al dito: «Questa è la mia testa rossa e marcia». In tale modo, il dito non rappresentava ma era, molto concretamente, se stessa. Un'altra paziente riteneva che i due uomini che aveva 155

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