Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 70 - estate 1991

formato come è delle cose antecedenti, avesse potuto trovarsi lì in terzo, a vedere con gli occhi quella conversazione così animata, a sentir con gli orecchi que' racconti [...], son certo, dico, che ci avrebbe preso gusto, e sarebbe stato l'ultimo a venir via»). Eccoci allora in grado di fornire una precisazione ulteriore circa l'enunciazione derealizzante nel romanzo di Manzoni: la quale si potrà definire ora in questo modo: enunciazione derealizzante di tipo centripeto (o a supporto monologico). All'estremo opposto rispetto al caso esaminato (ma sempre dentro il quadro dell'enunciazione derealizzante che stiamo studiando), possiamo collocare un esempio ove il supporto monologico della voce narrativa appare scardinato quanto alla tipologia del discorso. La posizione di disgiunzione, di cui danno atto sia l'Informatore sia l'Osservatore nel corpo del récit, finisce per investire anche la voce narrativa, la voce che porta il racconto, e proprio nella forma (nella tipologia di discorso) attraverso la quale si manifesta. L'esempio è quello di Gadda, con particolare riguardo al Gadda del Pasticciaccio. Credo sia inutile, tanto sono palmari nella memoria di tutti, fornire esemplificazioni circa la posizione disgiuntiva che detengono, nel grande romanzo, i due precitati Soggetti di sapere: dal lato dell'Informatore, la più folle eterogeneità di materiali, semantici e linguistici; dal lato dell'Osservatore - la cui funzione, attraverso il discorso diretto o indiretto o indiretto libero, è spesso delegata a Ingravallo -, una omologa molteplicità e mobilità di stati e di oggetti mentali, cui corrisponde l'incessante escursione della modulazione linguistica, dal romanesco all'italiano corrente, su su fino all'italiano letterario e al linguaggio della filosofia. Si legga ad esempio, per quest'ultimo punto, nel discorso indiretto riferito al protagonista: 130

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