cherche non si soddisfa né della «narrazione obiettiva» né dell'autobiografia. La vera domanda non è: Marcel sarà scrittore? Non è questione di «avoir du talent» o addirittura «du génie», non di avere qualcosa ma di essere qualcosa. Tanto è vero che non importa lo sviluppo della carriera raccontata, ma la forma che la racconta. Alla fine, la découverte della vocazione si presenta come un avanzo insolubile - in ciò perfettamente coerente con la natura profonda della Recherche. Il che non esclude che ci si possa avvicinare ancora un poco a tale nocciolo: che cosa costituisce il «génie» vagheggiato e inseguito da Marcel? L'indicazione fondamentale la si trova, credo, fuori dal testo della Recherche, nell'ultima pagina di Contre SainteBeuve, ma prima vorrei richiamare l'attenzione su un passaggio della Prisonnière, nell'episodio dell'ascolto del Septuor di Vinteuil. Vi compare un termine, résidu, residuo, resto, che già era venuto fra mano: quel residuo, qualificato di «reale», quel residuo che siamo obbligati a tener per noi stessi, e che neppure la conversazione tra due amici, tra due amanti, tra maestro e discepolo, può trasmettere; quell'ineffabile che differenzia qualitativamente quel che ognuno di noi ha sentito e che è costretto a lasciare alla soglia delle frasi con le quali comunica con altri [. ..]. (la sottolineatura è mia) Riserva di linguaggio, che marca l'avvento dell'arte: quando una lingua riservata dice finalmente quella zona fin allora esclusa dalla comunicabilità, la zona significata dal «zut alors! », eiaculazione giubilante e disperata del Marcel senza talento («comme ce jour où, en passant sur le pont de la Vivonne, l'ombre d'un nuage 116
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