Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

sistema, cioè l'aristotelismo», come «la costante classicistica e razionalistica»4 • Eppure è possibile sorprendere nel testo dei Dialoghi uno slancio platonico che si dispiega oltre questi limiti, e si congiunge intimamente, quasi s'immedesima con l'esperienza poetica, con qualche sua traccia sottesa alla scrittura che traveste il reale, vale a dire la segregazione e un profondo smarrimento. Può confermarci in questo modo di leggere, o strategia testuale, lo stesso poeta, se lo ascoltiamo attentamente quando nel dialogo Il Cataneo confida agli amici di essere portato spesso da «non usato piacere» ad avvolgersi «ne le cose scritte da Platone e quasi per le sue vestigia medesime», e che ciò gli accade «più per vaghezza de l'eloquenzia che per amor de la sapienzia». Piacere intellettuale, desiderio di eloquenza: di questi impulsi sono tramate le pagine di più lucida meditazione; ed è espressa da una ricerca di figure eloquenti, trascinanti - in sostanza da una ricerca di stile, non di originalità filosofica - anche «l'altezza eroica dell'intelletto e del concetto»5 a cui pervengono certi dialoghi. «Facendo imagini e sogni infiniti ... a guisa d'arciera che saetti tutto il giorno colpirò per aventura una volta il segno de' miei pensieri»6 • Dunque è lo stile la ragione e il valore di questa prosa: anche la singolare luce di certi oggetti, di certi contenuti, emana dal segno fortunato e preciso che li colpisce. Nel Messaggiero Torquato racconta questa sfida estrema dello stile, che lo trattiene in vita; la racconta come una risorsa e una consolazione della sua stessa «soverchia maninconia»: Comunque sia, coloro che non sono maninconici per infermità ma per natura, sono d'ingegno singolare, e io son per l'una e per l'altra cagione: laonde in parte vo consolando me stesso. (I, 267) 25

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