cessità di istituire, per questo, un particolare statuto teorico. Noi pensiamo che Anzieu potrebbe anche concordare con questa visione di Lacan; certo è che tutta la sua opera è invece completamente indirizzata nella direzione opposta; è tutta pervasa, cioè, da una sorta di nostalgia del «biologico». In Lacan il salto fuori dalla biologia (come dalla psicologia) sembra appunto definitivamente avvenuto. Non è che egli non veda l'importanza del reale, egli ne parla continuamente, ma di fatto ciò che caratterizza l'uomo è appunto la funzione del linguaggio. Il passo rivoluzionario compiuto da Freud e poi da tutti gli altri psicoanalisti, sarebbe stato costituito, secondo Lacan, dalla dimostrazione di un particolare legame, essenziale e inscindibile, tra uomo e linguaggio. Ma nella stessa Francia, vicino a Lacan, analisti di alto livello, parlano di Io-pelle e di pittogrammi. Essi pensano che ciò che avviene nelle primissime fasi dello sviluppo si imprima indelebilmente nella psiche dei bambini e pensano che, in tali fasi, ciò che conta sia rappresentato dalle modalità attraverso le quali le madri sanno fisicamente contenere (abbracciare e carezzare) e attraverso le quali può appunto costituirsi l'esperienza di un «enveloppe» psichico. Non abbiamo dubbi che l'opera di Anzieu sia pervasa da una certa nostalgia di un buon rapporto con la figura materna. Senza negare l'importanza del linguaggio, c'è come presente il desiderio che la madre riesca a elaborare di per sé, al suo interno, il rapporto con il linguaggio e possa poi presentarsi come assolvente una sua funzione specifica. Esiste il linguaggio, ma esiste anche la materia e la speranza è forse quella che la materia possa essere lavorata, senza ridurvisi, dal linguaggio stesso. La madre ha da essere madre; è anche la sua materialità ad essere necessaria allo sviluppo dei figli. Occorre che la madre sappia contenere, reggere e carezzare. 230
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