Rimane evidentemente la questione - che affiora in Per la storia del movimento psicoanalitico - dell'autorità acquisita dall'autore, del tempo di ricaduta dell'autorizzazione, di cui la forma più elementare è la necessità di trasmettere. Se, in conseguenza di ciò che ho fatto, una autorità mi spetta, mi tocca, che uso posso farne in futuro? Come posso essere, nello stesso tempo, colui che dà corso a una scoperta, che la approfondisce o la radicalizza, e colui che vuole spartirla, vuole trovare degli eredi al1'altezza dell'oggetto. Posizione paradossale dell'autore, anche da questo punto di vista; due esigenze contraddittorie che, talvolta, possono cooperare, partecipare all'energia di un'opera, spiazzandone in ogni caso la leggibilità. L'«ultimo» Freud lo sapeva, lo dice a tutto tondo ne L 'uomo Mosè e la religione monoteistica, conferendo così al suo testo una potenza inaudita, costituendolo come luogo di risveglio (éveil). In questo libro arrischiato, la questione dell'autore ritorna, lascia il segno in più punti, s'intreccia con altre cose, si modifica. (Per non parlare delle esitazioni e delle affermazioni combinate, della «ballerina» in equilibrio sulla punta, della statua dai piedi d'argilla, ecc.). All'inizio della seconda parte del terzo Saggio - scritto a Londra (per le note ragioni), mentre il resto del libro è stato redatto a Vienna -, Freud si vede obbligato a fare delle scuse ai suoi lettori, in quanto questa parte gli appare come una ripetizione letterale dei due primi Saggi. Egli afferma in primo luogo che questo «modo di esporre» (Art der Darstellung) è privo di efficacia e poco artistico; e aggiunge: 214 non ero in grado di cancellare le tracce della maniera davvero insolita in cui è nato questo lavoro ( ...) Ma la capacità creativa di quest'ultimo (l'autore: Verfasser) non va sempre di pari passo con
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