fino un'operazione così modesta come il disporre secondo un certo ordine un materiale ben noto non è interamente soggetta all'arbitrio dell'autore (Willkii.r des Autors); riesce come vuole e solo retrospettivamente (nachtréiglich) ci si può chiedere perché le cose siano andate così e non altrimenti.2 Ha possibilità di affermarsi come autore soltanto chi accetta di riconoscere questo primo sviamento, nelle sue forme ripetute. Anche se c'è sempre la possibilità di un secondo sviamento, più grave, più tortuoso ancora, più difficile da situare o da riconoscere, quella specie di situazione paradossale - la accenno solamente - in cui il doppio sarebbe in me, mi detterebbe quello che scrivo, pur mantenendomi nell'illusione d'autonomia. Divenire autore consiste anche, senza dubbio, nel poter riconoscere ciò che (per l'essenziale) mi costituisce, tutti i movimenti involontari, sconosciuti, di me che sono, per così dire, «più me che me»; quella parte sconosciuta, che si esprime altrove (o altrimenti), a partire da cui un soggetto si mette a parlare, ignorandone il motivo, o ignorando la portata di quello che enuncia. Da questo punto di vista bisognerebbe interrogarsi per l'appunto sull'Interpretazione dei sogni, questo strano dispositivo all'interno del quale Freud è a un tempo il sognatore, l'interprete di una materia fragile, e il promotore di una teoria sull'attività notturna che spiana la via a una messa in questione delle formazioni dell'inconscio. Forse che altrove, in altre discipline o in altri tipi di testo, troviamo qualchecosa di equivalente a un similemontaggio? Non siamo di fronte a un assemblaggio dove in realtà vi sarebbero tre modalità (abbastanza fondamentalmente differenti) dell'autore: il soggetto che dorme, l'inteprete che fa affidamento sul racconto, l'uomo di scienza? Se è così, non dobbiamo far subire alla nozione di «au208
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