una delle ragioni per cui Freud procura di guardarvi più da vicino e, nello stesso tempo, di preservarsene. Posizione continuamente scomoda dell'autore, sottomesso alla necessità di riconoscere i suoi simili, senza lasciarsene invadere, senza identificarsi in un qualunque modo con qualcuno di loro. La minaccia più grande per un autore consiste nella prossimità con un altro autore. Colui che mi rassomiglia ha tutte le ragioni di inquietarmi: paura che il suo linguaggio tenda a coincidere con quello che dico o con quello che cerco. L'inquietudine nasce sul terreno delle piccole differenze. Il pericolo più elementare: che io sia spossessato di quello che faccio da un altro che mi precede. Riflesso minimale d'autore che costituisce, per esempio, una suspense di lettura: la sola possibilità di rientrare in possesso di quel che non è mio se non una volta inscritto, e addirittura pubblicato. A ciò bisogna aggiungere una turba d'autore: scoprire che un altro scrive al mio posto, o sorveglia la mia mano, ma non appena prendo la penna, la guida; un altro che verrebbe così a confondermi. (Felice la produzione letteraria capace di rendere esplicita questa presenza tortuosa, o di prevenirla. A titolo di esempio, Les c_ hants de Maldoror e la teoria del plagio formulata nelle Poésies. O Proust che parla, per opporsi agli effetti di una «intossicazione», della «virtù purgativa, esorcizzante, del pastiche», precisando che bisogna «fare unpastiche volontario, per potere in seguito ridiventare originale, non fare tutta la vita del pastiche involontario».) Il solo «altro» accettabile, vale a dire in realtà il solo con cui ci si può e si deve trattare è, in una parola, l'inconscio. E bisogna anche, per riservargli il posto che gli compete, che io abbia situato gli altri che mi sono prossimi, i quali sono (a loro volta) autori. Freud, dopo averlo sperimentato, l'ha detto e ripetuto: spesso c'è nella materia stessa qualcosa che ci comanda e ci distoglie dai nostri primi intenti. Per207
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